Milena mise le mani nella testa lo sguardo terrorizzato e le labbra tremanti, le lacrime stavano già cadendo sulle guance, vista allo specchio del bagno con i suoi capelli biondi e quegli occhi azzurro cenere tutto sembrava normale, ma quel giorno qualcosa dentro si ruppe.
In quel momento era sola in casa, guardò l'orologio in stile classico appeso al muro del salotto, i bambini sarebbero tornati a momenti, si asciugò le lacrime con un fazzoletto di carta preso da un pacchetto aperto sul tavolo dell'angolo in soggiorno, sistemò le ultime cose e lasciò tutto a posto, come doveva esser nella sua vita.
Passò una buona mezz'ora prima di sentire le chiavi nella toppa della porta entrarono i due bambini seguiti dalla baby sitter. Milena seduta sul divano leggeva una rivista senza darle troppa importanza, quasi senza nemmeno leggere realmente, alzò lo sguardo sui suoi figli, gli sorrise e tutto fu come se non fosse mai accaduto.
- Mamma, mamma! Sai cosa è successo oggi a scuola? Mattia ha vomitato le zucchine sul tavolo in mensa, che schifo! - Paolo fece una smorfia con la bocca, mentre la madre gli accarezzò la testa, ma subito Sara si intromise e si sedette accanto alla donna, tirò fuori dal grembiule un piccolo cane azzurro con le orecchie bianche e glielo fece vedere.
- Hai visto cosa mi ha regalato Monica? E' bello vero?
- Sì, è molto bello. Ora, però prendete le vostre cose ed andate in camera a fare i compiti. Parleremo più tardi – il tono calmo e controllato tentò di sembrare gentile, ma risultò solo un'affettazione.
Si alzò ed andò in cucina a preparare la cena, accese il televisore su uno dei tanti telegiornali per quell'ora; la baby sitter si affacciò alla porta, la salutò con una mano e disse con il suo solito fare gentile:- Io vado, a domani buona serata.
Milena li fissò per qualche secondo, apatica, senza un minimo di sentimento con così poco interesse che alzò le spalle e riprese la preparazione della cena come se nulla fosse.
Alle 20 dopo che i bambini ebbero cenato e furono andati a letto, Milena chiamò il marito al telefono dell'ufficio rispose la segretaria:
- Salve, c'è mio marito? - il tono gentile.
- E' uscito un paio di ore fa per un appuntamento, dovrebbe aver finito da poco.
- La ringrazio, buona serata.
Sistemò i piatti sul tavolo, apparecchiò e poi si sedette sul divano in salotto, si coprì con un plaid e lentamente si addormentò.
Le chiavi nella toppa girarono frettolosamente, la maniglia si abbassò ed Andrea entrò, trovò la moglie addormentata, sorrise, appoggiò le chiavi sul mobiletto all'ingresso ed andò in cucina, scoperchiò la pentola e riempì i piatti, poi svegliò la moglie e cenarono insieme.
- Sei silenziosa oggi...- Andrea lasciò la frase in sospeso come volesse dire dell'altro ma senza riuscirci.
- Uh...non lo so, sono terribilmente stanca e non mi sembra di aver fatto nulla di particolare, ma ho un sonno terribile, Come è andata al lavoro? - la voce un po' impastata, le palpebre che lentamente si chiudevano, per poi riaprirsi di nuovo.
- Bene! Il cliente era soddisfatto ed ha fatto un ordine, le cose cominciano a girare l'azienda appena avviata ma vedo che i clienti ci contattano e sono felici di ordinare – vide la moglie con gli occhi che si chiudevano anche se cercava di tenerli aperti – vai a letto, qui finisco io. - le sorrise mentre si alzava dalla sedia Milena annuì e stancamente si alzò e si diresse verso la camera da letto, si mise il pigiama e scivolò sotto alle lenzuola, cadendo in un sonno profondo senza sogni.
- Milena! Milena! - Andrea la scosse un po', ma sembrò non volesse svegliarsi, la sveglia per la terza volta quindi la spense, completamente, guardò sua moglie e la chiamò di nuovo, la vide fare una smorfia e poi stirarsi nel letto e solo dopo aprì gli occhi.
- Su, prigrona! E' ora di andare al lavoro- rise e si allontanò dalla stanza per entrare nel bagno.
Milena si alzò ed ancora con la testa addormentata andò in cucina e preparò la colazione a bambini, poi li svegliò e li esortò ad andare a mangiare. Si intercambiò con suo marito in bagno il quale controllò che i bambini finissero ed avessero lo zaino della scuola sistemato.
Mentre Milena si vestiva i bambini andarono a lavarsi e vestirsi , quando tutta la famiglia fu pronta la porta si chiuse, Andrea andò alla sua ditta e Milena accompagnò i bambini dalla baby sitter la quale li avrebbe accompagnati a scuola.
La giornata di Milena passò veloce e tranquilla, il lavoro di contabilità non fu disturbato più di tanto se non per un paio di storni su due fatture ed un resoconto della banca non ancora arrivato. Alle quattro chiamò la baby sitter informandosi sui bambini, parlò allegramente del più e del meno, anche la giornata lavorativa sarebbe finita presto.
Milena sorrideva quando uscì dall'enorme azienda in cui lavorava, salutò alcuni operai che conosceva ed infine il portiere, si diresse all'auto, vi entrò, lasciò la borsa sul sedile del viaggiatore e si controllò nello specchietto retrovisore, vide solo quella macchia circolare sul suo viso, la toccò ma come la sera precedente il sangue non se ne andò, rimase in auto fissando lo specchietto,, lo sguardo terrorizzato e la bocca in una smorfia preoccupata; respirò profondamente, mise in moto e ritornò a casa, il viso sconvolto, ringraziò Dio perchè non vi era nessuno ad osservarla, nessuno doveva vederla così e poi cosa avrebbe detto?
Milena entrò in casa e come il giorno prima si precipitò in bagno e tentò di lavare via il sangue, non ci riuscì e sconfortata si mise a piangere con le braccia ancora bagnate fisse sul lavandino. Rimase così, immobile per qualche minuto che però le sembrarono ore, si trascinò con i piedi pesanti sul divano, il volto terrorizzato, la testa in confusione ed i muscoli molli e poco tesi.
Si sdraiò e chiuse gli occhi, respirò profondamente e cercò di pensare ai prati verdi, ma l'unica cosa che riusciva a vedere nel buio della sua mente erano i suoi figli coperti di sangue; i muscoli si irrigidirono di colpo fino a farle male e come se il cervello si potesse contrarre anche lui fino allo spasmo si unì alla voce disperata del suo animo in una sofferenza continua rimase così per un tempo indefinito; non sentì nemmeno suo marito che entrò prima ancora che arrivassero i bambini.
Andrea la vide immobile sul divano, gli occhi ancora spalancati, nessun movimento, non vide nemmeno il petto muoversi per respirare, la chiamò prima con tono pacato, poi con tono più altro, si avvicinò e si sedette sul filo del divano, la scosse per le spalle. Milena quasi con un filo di coscienza la guardò e lo vide con il volto pieno di sangue e con ustioni sulle guance non capendo cosa diceva, il cuore ebbe un balzo e qualcosa in lei si ribellò e cominciò a gridare con tutto il fiato che aveva come se tutta la sofferenza e la paura che aveva dentro uscisse tutta d'un fiato.
Andrea l'abbracciò forte e le parlò sottovoce nell'orecchio, le disse quanto le voleva bene e la rassicurò sul futuro, la sua voce era allo stesso tempo commossa e sicura, la baciò dolcemente sulla fronte e la invitò ad andare a letto, l'aiutò a vestirsi e la coprì, poi telefonò allo psichiatra ed allo psicoterapeuta, prese gli appuntamenti, erano ormai le sei di sera, sentì bussare alla porta andò ad aprire la porta e salutò Tania che entrava con i bambini.
- E la mamma? - chiese guardando in giro per la stanza.
- E' a letto, non è stata molto bene, oggi mangiamo noi soli – Andrea sorrise ai suoi bambini simulando molto bene la sua preoccupazione.
- Ancora? - Mattia fece un gesto sconsolato per poi trascinare lo zaino per terra fino alla sua stanza.
- Vedrete che la mamma starà di nuovo bene presto, molto presto.
Il giorno dopo Andrea andò dal medico e si fece dare qualche giorno di malattia per la moglie, il medico fu un po' restio ma poi si convinse sapendo già che altre volte aveva avuto delle ricadute, chiamò l'ufficio di Milena e poi tornò a casa.
Milena era ancora a letto quando Andrea tornò, voleva alzarsi ma non ci riuscì, le gambe erano troppo indolenzite gli occhi pesanti la testa come se fosse immersa nelle nuvole in un misto di freddo e umidità pesante, i suoni erano vaghi e lontani.
Andrea sapeva che non doveva lasciarla sola, non era mai stata pericolosa, nemmeno violenta era come se in questi attacchi si chiudesse in un mondo tutto suo in una sorta di protezione dal mondo esterno; ma non si fidava la malattia poteva evolvere in qualunque modo.
Andrea sistemò le stanze e poi si sedette al tavolo del soggiorno, per lavorare al suo progetto, coordinò gli appuntamenti da casa ed il lavoro in azienda, il tutto con quel senso di ansia e preoccupazione per la situazione. Aspettò con ansia il giorno dell'appuntamento con lo psichiatra, gli descrisse la situazione e cambiò i medicinali a Milena e gli diede i giorni di malattia, scrisse una lettera allo psicoterapeuta e al medico curante, presero un secondo appuntamento a distanza di un mese.
- Buongiorno! - disse lo psicoterapeuta vedendo entrare Andrea, ma si sorprese non vedendo Milena – sua moglie?
- Non... - sospese la voce mentre abbassò gli occhi per la vergogna poi si sedette sulla sedia davanti alla scrivania – non sono riuscito a portarla, non voleva alzarsi dal letto, si alza solo per mangiare e poi ritorna a letto, dice che appena ci guarda ci vede feriti, me e i bambini, chiunque. Ho provato a dargli lo stesso medicinale dell'altra volta, ma non ha nessun effetto, lo psichiatra gli ha cambiato le medicine. Non so dove, dove sto sbagliando; mi sembra che io sto collaborando in casa anche quando sono stanchissimo ed ho fatto 300 kilometri in strada. Non so più cosa fare; quando va al lavoro sembra felice poi torna a casa...
- mmhh... sembra, è uno sbocco interessante – disse lo psicoterapeuta lasciando che la gomma della matita rotolasse tra il pollice e l'indice sinistro, la bocca con una smorfia, seguì il filo dei suoi pensieri. Rimase in silenzio per un tempo indefinito.
- Vorrei vederla di nuovo, questa volta però si assicuri che sua moglie sia presente, La faccia venire da sola la sig.ra Milena prima da sola, vedrà che così sarà più semplice. Poi arriverà lei e aspetterà fuori, questa volta non ci vorrà molto tempo – fece una breve pausa sorridendo – vedrà che dopo tutti questi anni riusciremo ad arrivare al bandolo della matassa.
Lo psicoterapeuta scrisse una lettera per lo psichiatra ed una al medico curante per il tempo di cura e i relativi giorni di malattia consigliati, rilasciò le carte ad Andrea con un nuovo appuntamento e lo salutò cortesemente.
Chiara prese una fattura in mano, sbuffò mentre la lesse mise la password sul computer di Milena entrò nel programma protocollò la fattura del fornitore, la registrò in entrata stampò i mastri e controllò che i conti fossero in ordine.
Entrò nella stanza Fabio, si guardò attorno e spostò lo sguardo su Chiara.
- Non è ancora tornata! Questa volta le previsioni per quanto tempo sono?
- Ah! Non ne ho la più pallida idea, guarda. Ci lascia sempre nella merda fino al collo, ora ho qui una fattura per un'azienda e delle mine-giocattolo. Non so cosa devo farne e a chi devo far firmare l'ordine di uscita. - il tono alto e acidulo scocciato per una situazione per lei frustrante.
- Chiamala a casa e fatti dire dove tiene le cose e poi scrivetele su un pezzo di carta il lavoro deve andare avanti! - richiuse la porta lasciando Chiara da sola.
Chiara fece quattro smorfie una volta chiusa la porta , cercò in agenda il numero di telefono di Milena, schiacciò i pulsanti a tono scocciata e nervosa.
- Ciao Andrea! Come stai? Sono Chiara – il tono più gentile ed ipocrita che potè assumere – E Milena? Come va? Mi dispiace molto vi ho chiamato per sapere di lei sai qui siamo tutti preoccupati.
- Va come deve andare in questi casi – rispose secco Andrea dall'altro capo del telefono.
- Ah!Sì! - rispose piccata – beh...scusa, potrei parlare con lei? - il tono un po' più sommesso.
- Per cosa? - il tono indagatore e sospettoso.
Milena si fece avanti un po' assonnata, guardò Andrea con il telefono in mano, poi allungando la mano disse_
- E' per me? Passa! - la voce un po' impastata dai medicinali.
- Non è meglio che riposi? - cercò di sviare Andrea.
- No, fa nulla riposerò dopo sono stanca di stare a letto.
Andrea le passo il telefono di malavoglia e mugugnando qualcosa si allontanò rimanendo dietro alla porta della cucina ad ascoltare, la vide con i capelli sporchi ed arruffati, il pigiama stropicciato e poco curata.
- Pronto?
- Ciao cara, come stai? Sai quando ho saputo sono rimasta molto male, qui tutti ti aspettano – assunse di nuovo un tono finto.
- Beh, sai sembra tutto molto strano non ...non riesco a comprendere bene nemmeno io quando ho cominciato a star male è stato tutto così veloce. Sì! Da un giorno all'altro – mentì anche a se stessa – è stato bruttissimo se sapessi avere quelle cose, scioccante, mi batteva forte il cuore e non riuscivo nemmeno a respirare. E' orribile avere quelle cose, davvero... devo andare dal medico fra due giorni, sai? Ho cambiato le medicine, ma vedrai che fra poco torno, torno, sì! Torno.
- Sì, vabbeh! - disse Chiara senza nemmeno ascoltarla – senti volevo chiederti, devo fare una fattura con le mine-giocattolo, a chi le devo intestare esattamente? Insomma, so che c'è da fare il giro con l'altra azienda ma non ricordo come si chiama.
- Beh, sì! Allora, vediamo...era la Ack, no, sbaglio, era la Fam, no nemmeno il codice corto era 1011 e...no, mi dispiace non ricordo ora. Sai i medicinali. Devo andare ciao – e quasi con noncuranza agganciò il telefono.
Milena uscì, pulita, pettinata, in ordine la mattina sua madre arrivò per darle una mano, la coccolò come quando era piccola e non voleva lavarsi e pettinarsi, Andrea uscì presto e le assicurò che sarebbe andato a prenderla solo alla fine della seduta. Così rassicurata uscì e si diresse senza storie dal medico, facendo una passeggiata a piedi, sapeva di non poter guidare, il sole era tiepido e la fece sorridere, si sentì calma per la prima volta dopo mesi.
Lo psicoterapeuta la accolse normalmente, aprì la sua cartella e le chiese come si sentisse, dopo le prime reticenze Milena rispose:
- Oggi mi sento bene, mi sento calma.
- E prima come si sentiva?
- Non lo so, un po' a terra, poi angosciata, poi terrificata, poi di nuovo a pezzi. Terribile! E' stato tutto insieme, tutto insieme.
- Cosa è cambiato oggi?
- Ero sola e c'era il sole.
- Il sole...- lo psicoterapeuta rimase pensoso qualche secondo poi riprese – solo questo? Quanto tempo è che non va al lavoro? - lo chiese quasi a bruciapelo appoggiandosi con entrambe le braccia sul avolo ed osservandola profondamente.
Milena rimase con la bocca aperta come se non riuscisse a parlare o a pensare velocemente – io...io...quasi due settimane circa.
- E come si sente senza il suo lavoro?
- Non lo so, non ci ho pensato, forse uguale a prima, ma non capisco il nesso. Insomma,io mi sento uno straccio quando sono a casa, voglio bene ai miei bambini ma mi risucchiano ogni tipo di energia- il tono agitato, la voce tremante lo sguardo turbato.
- E' stata bene per un po' di tempo, è tanto che non ci vediamo. Da quando ha cominciato a sentirsi di nuovo frustrata? - lo psicoterapeuta la incalzò.
Milena, però rimase in silenzio, il suo animo tormentato, ribollì dentro, le labbra tremarono e la voce mancò, gli occhi si spalancarono di colpo, si alzò di scatto e gridò:
- Non lo so! Non lo so! E' stato un paio di mesi fa, è cominciato di nuovo tutto, prima piano, poi sempre più forte quel sentimento, quella roba che ho dentro, è angosciante.
Milena tremò tutta, il viso si contorse in una smorfia di sofferenza, la test a cominciò a farle male, si sedette di nuovo temendo di non poter stare in piedi.
- Bene – disse il medico con calma – due mesi fa. Ora si calmerà e chiudendo gli occhi cerchi di capire esattamente che giorno era e cosa ha scatenato il suo malessere, perchè tutto comincia con un perchè, tutto ha un inizio preciso.
Milena rimase in silenzio come se non sapesse esattamente a cosa pensare; presto un nodo in gola si presentò, lo sguardo volatile ed insicuro, le mani si unirono per tormentarsi in un vortice veloce; il piede si mosse velocemente su e giù nervosamente lasciando tremare la gamba destra, gli occhi cominciarono ad arrossarsi.
- Tranquilla ha tutto il tempo che vuole, ora esco un attimo. Porto le indicazioni alla segretaria così quando esce può già sistemare tutto.
Si alzò ed uscì tranquillo, con un sorriso sulle labbra. Vide Andrea seduto sul divanetto in sala d'attesa, passò alla segretaria delle carte, poi le disse sommessamente di prendere altri appuntamenti quando sarebbe uscita dallo studio, fece un cenno con la mano destra ad Andrea per tranquillizzarlo. Ritornò dentro chiudendo piano la porta, trovò Milena ancora dove l'aveva lasciata sulla sedia e lo sguardo perso nel vuoto le labbra leggermente aperta, si sedette sulla sedia di fronte a lei e rimase in silenzio ad osservarla. Il tempo passò e la seduta finì, Milena si alzò ed uscì, lo psicoterapeuta le disse: - ci vediamo settimana prossima, per questa settimana voglio solo che si riposi e si tranquillizzi quando sarà pronta sa che ne potrà parlare liberamente. Nel frattempo si goda la sua famiglia.
D'un tratto si rizzò sulla sedia, rimase irrigidita, così per un po', lo psicoterapeuta la chiamò diverse volte, ma non sembrò ascoltare finché non la toccò sulla spalla, ebbe un soprassalto del busto, poi osservò il medico un po' spaesata, gli sorrise e lo salutò gentilmente.
- Qualcosa non va? Si sente bene? - le disse trattenendola gentilmente un attimo – aspetti un attimo, la prego mi spieghi...
- No, non c'è bisogno va tutto bene. - sorrise cercando di mascherare l'imbarazzo.
- Si ricorda, vero, che abbiamo parlato dell'onestà verso se stessi? Che è molto importante essere onesti prima di tutto con se stessi, perchè la peggiore delle verità non sarà mai uguale alla migliore delle bugie. Le bugie fanno male al fisico . Se lo ricorda?
- Sì...sì, penso di sì- con un tono un po' incerto.
- Ora faccia una cosa per me, scriva tutto ciò che la fa stare male. Nel momento in cui si sente male prenda un quaderno e scriva tutto ciò che le viene in mente. Ci rivediamo settimana prossima – lo psicoterapeuta sorrise amichevolmente ed aprì la porta.
Puntuale la settimana dopo Milena, si presentò all'appuntamento. Il suo quaderno tra le mani, aspettò di entrare mentre osservava i quadri astratti nella sala d'attesa. Quando entrò rimase in silenzio e si sedette sulla solita sedia.
- Buongiorno, allora come sta? - lo psicoterapeuta chiuse la porta e si sedette alla sua scrivania.
- Meglio, almeno penso – il sorriso fu rilassato e tranquillo.
- Hai fatto ciò che le ho detto?
- Sì
- E come è andata? Ha voglia di parlare?
- E' strano, non saprei
- Che cosa non sa?
- E' che non ricordo bene cosa sia successo. Ricordo solo che i bambini mi avevano chiesto dei giochi e ne sono rimasta sconvolta. E' cominciato allora.
- Che tipo di giochi? Se lo ricorda?
Milena si sforzò di ricordare, corrugò la fronte prima di rispondere.
- Ricordo che avevano in mano un volantino, forse. No, Era più una specie di libro, un catalogo, si ecco, un catalogo.
- Che giochi c'erano in quel catalogo?
- Nessuno – la risposta lasciò sorpresi entrambi, Milena rimase con la bocca aperta, in un moto sospeso il suo pensiero viaggiò lontano nei ricordi per qualche attimo fino a planare lentamente di nuovo alla realtà.
- Era l'opuscolo delle mine antiuomo – le lacrime le si affacciarono agli occhi, ma furono spazzate via da un batter di ciglia le labbra tremanti – era l'opuscolo. Erano così sorridenti, avevano frugato nella mia borsa, lo avevano trovato e aperto e avevano sorriso mentre venivano da me con quella faccetta da furbi che hanno sempre quando vogliono qualcosa e mi hanno chiesto quei giochi, dicevano che erano così colorati, arancioni e verdi, mi hanno chiesto cosa fossero e sono sbiancata.
- Comprendo – disse dopo qualche minuto di silenzio lo psicoterapeuta – ora cosa intende fare?
- Non lo so. Cosa devo fare? - la voce titubante.
- Io non posso rispondere per lei, deve decidere lei cosa ne sarà della sua vita. Ora sa cosa ha provocato il suo malessere; ossia, il suo lavoro. Può continuarlo e farsi una ragione di ciò che è o può decidere altrimenti.
- Deciderò più avanti, va bene?
- Penso che non sia una decisione da prendere necessariamente oggi – le sorrise amichevolmente.
- Bene, perchè vede qui non ci sono alternative, non potrei lavorare altrove, c' è solo questa azienda e tutto gira intorno a lei.
- Il lavoro è anche adattamento ci sono aziende che non hanno a che fare con la sua attuale azienda che non hanno a che fare con questa sua attuale, basta cercarle. Ci provi. Suo marito non lavora più per la sua azienda, mi pare.
Milena pensò un po' prima di annuire, si alzò poiché la seduta era conclusa, uscì e prese il nuovo appuntamento, sorrise mentre usciva perchè in fondo al cuore sapeva già ciò che voleva, sapeva già cosa fare e la sua decisione era già lì che la osservava e la salutava da lontano.
Rashna