Ho una fitta atroce alla schiena, come se un pugnale mi avesse raggiunto proprio in quel momento, non so in che posizione mettermi, il dolore diventa sempre più forte non diminuisce nonostante mi continui a rigirare nel letto. Non so che fare. È stato tutto così improvviso, stavo dormendo ed ad un tratto ecco quel dolore sempre uguale che mi ha penetrato fin nelle ossa per arrivare fino ai polmoni, per lacerarmeli, non riesco a respirare, mi sembra di impazzire, alcune lacrime scendono sulle mie guance, ma non riesco ad urlare, il dolore è così forte che non riesco nemmeno a chiamare mia madre. Ansimo, ma non riesco a trovare aria, piango più forte ora, non so come far smettere il dolore. Mi siedo un po' sul bordo del letto, il dolore lentamente smette, io finalmente riesco di nuovo a respirare, non so cosa abbia provocato tutto ciò, so solo che mi sono sentita di nuovo male, mi sdraio di nuovo, respiro profondamente, poi cullata dal battito del mio cuore mi riaddormento.
- Svegliati è ora di andare a scuola – la voce di mia madre è come un tuono, mi grida dal piano di sotto, non ho dormito bene non ho voglia di alzarmi, esco con un braccio dal piumone, lo lascio scivolare a terra dondolante, cerco di aprire gli occhi, sbadiglio, prendo la sveglia poi la osservo, le 7.30, posso dormire ancora, penso, cinque minuti prima di alzarmi, rimetto il braccio sotto il piumone, mi accoccolo al caldo, tranquillamente aspetto qualche minuto anche se non dormo più, mi piace stare nel letto la mattina, mia madre lo sa, quindi mi chiama sempre quei cinque minuti prima e lascia che mi rilassi un po'.
La mattina devo rodare un po' prima di riuscire a connettere non mi piace nemmeno mangiare subito la colazione come invece fa mia sorella, che è già in piedi ancora prima che la sveglia suoni. Non so proprio come faccia, mi alzo lentamente, mi dirigo in bagno, dopo essermi sciacquata la faccia, mi vesto, mi lavo sempre la sera, sono pigra pure in questo la mattina, più posso dormire meglio è. Non sto molto attenta al look sinceramente, per me l'importante non è la moda ma essere comoda, ho praticamente quasi sempre jeans e maglione o maglietta, dipende dalla stagione. Mi lego i capelli, sono lisci e lunghi quasi fino alla vita, oggi mi faccio una semplice coda bassa, metto un fiocco verde scuro che s'intona con il maglione a dolcevita, prendo lo zaino, riguardo i libri che ho infilato di fretta ieri sera, ci sono tutti, metto un ultimo quaderno che ho lasciato sulla scrivania, poi lo richiudo velocemente e scendo, prima che alla mamma venga la raucedine a forza di chiamarmi, mi spiacerebbe, ha una bella voce quando canta, peccato non aver preso da lei.
Butto lo zaino vicino alla sedia, mi siedo tranquillamente dopo aver salutato mia madre e mia sorella, mio padre non è ancora tornato dal lavoro, dovrebbe arrivare alle nove, quando siamo già a scuola, questa settimana è di turno la notte, mangio un po' svogliatamente, sbadiglio di nuovo.
- Non hai dormito bene? - mia madre se ne è accorta, lo sento, ma cerco di evadere la domanda, non ho voglia di mentire, ma non ho nemmeno voglia di parlarne, soprattutto con Lele davanti.
- Normale, non ti preoccupare – cerco di sorriderle, non mi sembra molto convinta, ma non mi dice più nulla.
- Eleonora, ti sei preparata per l'interrogazione di fisica? - mia madre si volta verso mia sorella, cercando di cambiare discorso. Lele sbuffa, poi ripete a pappagallo un sì poco convinto - non mi sembri molto convinta però – rimane ferma, Lele risponde di botto.
- Sì, ti ho detto di sì, non scocciare e che diamine, possibile? - si mette un biscotto in bocca.
- Ecco brava, mangia e taci se devi rispondere in un certo modo, possibile che un po' di buona creanza non ce l'hai? Si risponde così a tua madre? Ma sentila – riesco a sentire il suo disappunto, mi sta rendendo nervosa, cerco di finire il prima possibile così posso andare a lavarmi i denti prima di uscire senza intervenire, mi dispiace per mia madre so che non è facile per Lele la fisica, ma la mamma lo fa per lei, se non ha almeno il sei la bocciano. Lele sbuffa, ma non parla più.
- E smettila anche tu, possibile che per una domanda fai sempre una tragedia- mi rivolgo a Lele mi sto innervosendo più di quanto non lo sia lei – non capisci che vuole solo il tuo bene e che le dispiacerebbe vederti bocciata? Perchè è questo che capiterà, ti bocceranno se non avrai la sufficienza.- il tono è leggermente alzato, rimango seduta, non mi muovo e ricomincio a mangiare.
- Ecco! Lo sapevo, siete sempre tutti contro di me, non riuscite a capire, siete crudeli – Lele si alza, è piena di rabbia, le trema il labbro inferiore, la vedo mentre se lo tormenta, sta cercando di trattenere le lacrime, non rimette a posto la sedia, va in soggiorno e raggiunge il bagno, ne esce poco dopo, prende lo zaino esce di casa sbattendo la porta.
Vedo mia madre sempre più nervosa mentre sistema i piatti, non si è ancora vestita per andare al lavoro, oggi comincia alle 12 arriverà tardi stasera, cucinerò io come al solito, papà dormirà e Lele non mi aiuterà di certo. Mi alzo lentamente sperando di non fare molto rumore, non voglio disturbare la mamma, vorrei evitarle altro nervoso, se è nervosa od indisposta i rumori la infastidiscono sempre di più e poi scatta come nulla, rimetto la sedia a posto, mi dirigo verso il soggiorno, ma mi fermo sulla porta, mi volto vedo mia madre intenta nel lavare i piatti, le tazze del giorno prima, ha il viso rosso, pieno di dolore, gli occhi lucidi, le vedo le lacrime scendere sulle guance, si porta una mano sugli occhi, poi la sento singhiozzare, vorrei dirle qualcosa una qualunque stupida cosa, ma non riesco ad aprire la bocca, non esce suono, vorrei aiutarla e dirle che è un momento e che le passerà, per stasera le sarà già passata in fondo è l'età, ma non esce suono, rimango lì ad osservarla attentamente, e questa mia sensazione di impotenza si trasforma in lacrime, anche io sto piangendo, ora mi volto, non voglio che mi veda, quindi mi allontano lentamente, arrivo al bagno, mi lavo i denti, mi sciacquo la faccia, prendo lo zaino ed esco salutando come al solito.
Ho un peso sullo stomaco che mi rende vomitevole anche guardare il cibo. Mi fermo alla fermata del 58, circonvallazione sinistra, mia sorella avrà già preso il 70 nella fermata della via dietro a casa, non frequentiamo la stessa scuola, io ho preso il liceo, lei ha voluto un istituto industriale, la vedrò nel pomeriggio. Per me è l'ultimo anno questo, sono stanca e siamo solo a metà anno, vorrei aver già dato gli esami finali, non che importi molto, l'anno prossimo potrò iscrivermi a qualunque studio voglio, anche se sinceramente non ho ancora deciso che studi effettuare, sono indecisa se prendere medicina specializzazione patologia, penso che mi troverei bene o fare tutt'altro, non lo so, vedrò più avanti, non me la sento di decidere ora. Ecco, arriva il bus, la navicella principale si ferma più avanti di noi, ognuno di noi si predispone davanti ad una navicella, ogni navetta può contenere fino a quattro persone, si apre lo sportello nascondendosi dentro le lamiere della navetta, una scaletta di tre gradini si apre verso di noi, saliamo uno alla volta, ci sediamo sulle poltrone, davanti a noi si protrae un computer che esce automaticamente appena seduti dal pannello di vetro che abbiamo di fronte, tipo una piccola scrivania, con l'indice seleziono l'indirizzo a cui devo andare, sento dire all'uomo che ho di fronte l'indirizzo a cui vuole andare, e il computer rispondergli freddamente rinominando la via e chiedendo conferma, l'uomo conferma e il computer si ritira: è cieco. La voce del computer si sente per tutta la navetta:
- Le vostre destinazioni sono state registrate, siete pregati di rimanere fermi nella vostra posizione il teletrasporto comincerà il prima possibile, grazie – la voce registrata è cortese anche se fredda. La navetta principale rimane ferma alla stazione, aleggiante di fianco al palo che indica la fermata dell'autobus, le navette posteriori, lentamente si vaporizzano come mai esistite, il computer calcola automaticamente per ogni navetta la destinazione più veloce da raggiungere di quelle registrate per ogni singolo utente e teletrasporta l'intera navetta a quel sito, la persona che ho davanti scende prima di me, la osservo mentre scende, non sembrerebbe cieco, la scienza ha fatto passi da giganti in questo settore, la prossima fermata è la mia, scendo, sono quasi tutti lì i miei compagni, la navetta si teletrasporterà di nuovo al punto di partenza, davanti a casa mia.
Mi fermo vicino a Tony, li saluto tutti, siamo in circolo aspettando che i cancelli, forgiati in stile vittoriano, della scuola si aprano. Parliamo del più e del meno, ciò che abbiamo fatto la sera prima, sento Claudia che chiede preoccupata chi è pronto per l'interrogazione di storia, nessuno ha voglia di pensarci, ecco sono le 8.45 i cancelli svaniscono davanti ai nostri occhi come tutte le mattine, lasciando una strana sensazione elettrica nell'aria. Sfioro Tony con la mano, ma l'allontana da me, sento un moto di repulsione arrivarmi, volevo prenderla e rimango così, un po' basita, la sensazione di pesantezza allo stomaco si fa più viva, come rinata dalle ceneri in cui stava morendo.
Entriamo a scuola tranquillamente, percorriamo i giardini che nonostante sia autunno sono ancora in fiore, magie tecnologiche, le piante folte e rigogliose ci accolgono contente, saliamo i cinque gradini del palazzo in stile vittoriano, una reminescenza del passato, un vezzo del comune e del sindaco che l'ha voluto in quel modo, le porte scorrono all'interno del muro, entriamo e ci dirigiamo verso le nostre aule, ci sediamo ai nostri posti, sembriamo allegri, continuiamo a chiaccherare e a scherzare, eppure vedo Tony con un aria un po' rabbuiata, non riesce a guardarmi negli occhi, cerca di evitarmi e non mi parla nemmeno, ogni tanto picchia nervosamente sul braccio un'indice, tiene le braccia incrociate al petto, sembra realmente nervoso. Smetto di cercarlo, forse si tranquillizza, cercherò di parlargli più tardi durante l'intervallo delle lezioni, vedo entrare la professoressa di storia, mi siedo, prendo il libro lo apro, sento il computer che dice:
- Oggi è giorno di interrogazione, nessuna lezione, siete pregati di attendere – la voce è meccanica e poco convincente. Attendo che l'insegnante faccia l'appello e decida chi interrogare.
- Bene ragazzi, oggi mancano i soliti due, Elisa e Ally, qualcuno ne sa il motivo o devo cominciare a pensare che abbiano un'allergia alla mia materia? - ci guarda sorridente, non sembra arrabbiata per la loro mancanza, alcuni sghignazzano per la battuta, apre il registro e comunica – Assenti Elisa Gualtieri e Allyson Borming, presenti tutti gli altri, programmata interrogazione, registro interrogazioni, per favore.
Nel frattempo nessuno di noi apriva la bocca, siamo rimasti in silenzio per quasi un'eternità, la professoressa, non ci guardava più era intenta ad osservare il registro, poi d'un tratto dice i nomi di due miei compagni, i loro libri si illuminano e si posizionano in modalità interrogazione, i nostri libri mostrano il cursore lampeggiante, li osserviamo, nella stanza c'è un silenzio riverente, l'insegnante inserisce una piccola scheda nel registro, ci si visualizzano le domande sul nostro libro, chi vuole può tentare di rispondere alle domande, ma non saranno prese in considerazione per il voto, io ci provo sempre, imparo sempre qualcosa e controllo il mio livello di istruzione, in fondo se so rispondere a queste, sarò avvantaggiata nelle prossime interrogazioni.
Tre ore dopo siamo in intervallo, le interrogazioni non sono andate male, io ho sbagliato un paio di domande sulla fine della dinastia reale Inglese, la studierò meglio per la prossima volta. Cerco Tony, ma non lo vedo, è uscito prima di me dalla classe, sembrava avere fretta, non so perchè ma penso mi stia nascondendo qualcosa, è solo una sensazione, e ritorna la pesantezza di stomaco se solo ci penso. Arrivo alle macchinette per prendere dei panini, inserisco la scheda elettronica e mi visualizza un credito sufficiente per prendere il nulla, non ho voglia di arrivare fino al caricatore, ma ho fame, quindi mi tocca andare. Mi avvio verso il corridoio, lo seguo dritta, fino alla porta della segreteria, scendo le scale che ci sono sulla sinistra, sento una ragazza ridere, non la conosco, non riesco però a percepire esattamente dove sia, dopo due piani di scale vedo il caricatore nel seminterrato, inserisco la scheda, mi chiede il codice segreto e la cifra da inserire, andrà scaricato direttamente dal conto corrente in banca, la macchina emette un piccolo sibilo per indicare che ha concluso l'operazione, la ritiro e risalgo, mentre sto per risalire dal pian terreno verso il primo piano, vedo Tony di spalle, è inconfondibile, bacia un'altra, forse pensavano di non essere visti lì, sono seminascosti dalla penombra, un po' in disparte nel pianerottolo, mi fermo impietrita, non riesco a muovermi, mancano pochi gradini e poi il corridoio, ma non riesco a muovermi eppure l'unica cosa che mi viene voglia di fare è scappare, la fitta alle spalle si ripresenta, lo stomaco comincia a darmi segnali di nausea, la testa comincia a far male, sono lì vorrei piangere ma non voglio dargli soddisfazione, li osservo fino a che non si accorgono di me, Tony mi guarda, non sa cosa dire e gli esce solo un “Mi dispiace”. Sono lì e penso, mi dispiace, sa dire solo quello, d'un tratto mi esce:
- Mi dispiace, sai dire solo mi dispiace. Ma per favore, se ti fosse realmente dispiaciuto non l'avresti mai fatto, quindi inventa meno balle – il tono è duro e sarcastico, più di quanto non avrei voluto far uscire dalla mia bocca.
Cerco tranquillamente di risalire le scale, ma le tempie stanno scoppiando, la giornata è rovinata, serro le labbra non voglio piangere, dentro di me sento rabbia, molta rabbia, mi ha tradito, poi d'un tratto mi viene da vomitare, rientro in classe, non ho più voglia di mangiare, mi siedo al mio banco, metto le mani sulla testa cerco di fermare l'emicrania che sta crescendo di minuto in minuto, la nausea non cessa, Tony è tornato in classe, passandomi vicino mentre va al suo banco sento una sorta di rassegnazione mista a vergogna, poi però mi raggiunge un senso di repulsione ed odio, mi volto e lo guardo inorridita.
- Osi dare la colpa a me – sibilo a bassa voce rivolta a lui, il mal di testa si fa sempre più forte.
- Se tu non fossi venuta non avresti visto e non saresti stata male – mi dice a bassa voce, la vergogna è cessata ora mi parla con tono superiore come se fosse stata una colpa trovarmi nel momento sbagliato al posto sbagliato.
Non ho parole, rimango zitta a bocca aperta, lo sfido con gli occhi, non riesco più a parlare, mi sale un nodo in gola, non sto bene, la testa sta scoppiando, la professoressa di italiano è già entrata, ma non riesco a sentire nulla di ciò che dice, la testa non riesce a stare attenta, continua a martellarmi sulle tempie, non ho tirato fuori nemmeno il libro, l'insegnante, si accorge che c'è qualcosa che non va, glielo mostra il computer del registro, mi chiede di tirare fuori il libro, non reagisco, alza il tono, ma nemmeno allora la sento viene verso di me, sono pallida, non riesco a parlare se non a bassissima voce, mi chiede se sto bene, gli faccio cenno di no con la testa, chiede a Tony di accompagnarmi in infermeria, lei non è autorizzata a lasciare la classe, lui un po' rassegnato si alza e viene verso di me, sento di nuovo quella sensazione di repulsione, mi sfiora il braccio ed allora scatto in alto e grido:
- No, grazie, vado da sola – un po' balbettando – preferisco, da sola. - mi avvio lentamente verso la porta che si apre automaticamente, poi verso l'infermeria. Entro, l'infermiera mi guarda, mi sorride e mi aiuta a sedermi, poi mi passa il compitel sulla fronte, prassi, il computer analizza il mio corpo e da il suo responso, l'infermiera mi da un paio di pastiglie per il mal di testa, poi mi dice di stare tranquilla e di aspettare qualche minuto, nel frattempo mette sui fuochi il bollitore, mi sta facendo una tisana, come fa sempre, sa che mi piacciono le tisane e me le fa volentieri mentre aspetto che la medicina faccia effetto, mi ha visto si e no 4 volte in cinque anni eppure si ricorda cosa mi piace anche se gliel'ho detto la prima volta che ci siamo incontrati. Sento una ventata di amore arrivarmi, mi sto calmando, il mal di testa non accenna ancora a passare, ma so che passerà. Non riesco a capire come mai non riesco a sentire mai un sentimento negativo in lei, è così pacifica, mi viene voglia di chiederglielo, magari più tardi lo farò.
Alla fine della scuola, sono andata diritta verso la navetta non avevo voglia di parlare con nessuno, mi è rimasto un senso di vomito e di sconforto, rimango silenziosa fino a casa, alle 13.00 sono già arrivata, mia madre mi ha lasciato un messaggio:
Il pranzo è nel forno, mi hanno chiamato in mattinata, devo fare il doppio turno, Sandra non si è sentita bene devo sostituirla, ci vediamo quindi domani mattina, mi raccomando fate i compiti e cenate, vi ho lasciato il pollo fuori, così devi lavorare di meno per la cena e puoi pensare di più allo studio. Buona giornata cara, Mamma.
Lo lascio visualizzato sulla rubrica elettronica come non letto, così che lo legga anche Lele, poi passo ad accendere il forno in modalità RT, così che il piatto si riscaldi senza bruciare, tolgo il piatto di Lele, tornerà più tardi, inutile scaldarlo nuovamente poi. Sono qui a pranzare con dei semplici panini imbottiti, riscaldati per consentire alla salsa in gel di sciogliersi e insaporire tutte le verdure, continuo a pensare a Tony non riesco a comprendere, così di botto non ci sono stati sintomi precedenti di stancamento, non siamo stati lontani in alcun modo, qualcosa deve essere successa, non può essere che uno da un giorno all'altro si stufi e decida di tradire e che soprattutto non sembri avere nessun sentimento di rammarico, di vergogna per ciò che ha fatto, sembra che tutti i suoi sentimenti siano scomparsi come mai esistiti, non capisco. Proverò a chiamarlo più tardi, nel frattempo mi alzo, metto i piatti in lavastoviglie e vado di sopra a studiare.
Rimango silenziosa, metto il piatto in lavastoviglie, senza fiatare mi dirigo verso le scale, in soggiorno, prendo il libro dalla borsa e vado in camera mia. Apro il libro, poi cerco la matita elettronica, comincio a giocarci nervosamente, sbuffo, sono stanca, non ho voglia di studiare, faccio tutto manualmente, i comandi vocali non mi escono dalla bocca; in realtà ho solo paura di mettermi a piangere, è l'ultima cosa che vorrei fare. La testa è partita verso pensieri infiniti di giorni passati, i ricordi si affollano e più ricordo più gli occhi si gonfiano facendomi male, mordo il labbro così forte che mi esce un gemito, ma non l'ho tagliato. Vorrei che il dolore che sento si appiattisse, diventasse fluido e uscisse da me, ma è lì, è un grumo nero poggiato sul mio cuore, come può essere solo la notte senza stelle e senza pianeti, come sarebbe la terra senza sole, io non ho più un sole che mi renda umana, non sono più umana, sono solo: notte.
Ascolto distrattamente il libro che ripete la lezione di matematica, non riesco però a capire molto, lo lascio parlare, mi volto verso la finestra, continuo a pensare anche se non vorrei, non riesco a capire, cosa possa essere successo, non lo capisco, devo chiedere spiegazioni.
- Chiamata, Tony, nascondi - il tono del comando è alto, il bifono sembra avere un piccolo problema di audio, non è ancora stato aggiustato.
Sento il clic del bifono per l'aggancio della linea, poi la voce della segreteria, mi morsico il labbro:- Chiudi.
Comincio a passeggiare per la stanza, cerco di respirare profondamente per mantenere il controllo, non riesco a calmarmi, mi siedo sul letto, poi mi sdraio, osservo il soffitto, batto i piedi per terra ritmicamente, mi siedo di nuovo, ricomincio a maltrattare il mio labbro, sbuffo, mi alzo e ricomincio a camminare, non riesco a stare ferma, richiamo di nuovo Tony, di nuovo la segreteria, metto le mani sulla testa, sbuffo di nuovo, poi d'un tratto, in uno scatto d'ira, prendo la prima cosa che ho di fianco e la scaglio a terra.
Sento un bip prolungato e poi più nulla, ansimo, non riesco più a stare in piedi mi siedo a terra, guardo di fianco a me e vedo la sveglia che mi ha regalato Tony per il compleanno, è distrutta come il nostro rapporto, non esiste più è morta; è strano come il caso abbia voluto che fosse proprio quell'oggetto a trovarmisi vicino, lo osservo di nuovo, smetto di ansimare, la vista di quella distruzione mi sta calmando, senza molta voglia prendo ciò che rimane della sveglia e la metto nel cestino sotto la scrivania, schiaccio un pulsante e la sveglia viene come inghiottita, sento il cestino emanare un sibilo come se si surriscaldasse, poi riapre le sue fauci e la sveglia non vi è più. Voglio camminare, mi serve una nuova sveglia, esco.
Le strade sono poco piene nonostante sia pomeriggio e non faccia freddo per il periodo di autunno inoltrato, ma questa è una zona residenziale, di solito ci sono solo i residenti in giro. Non ho voglia di prendere la navetta per arrivare al centro commerciale, anche se dista 5 chilometri ci arriverò a piedi, il mio passo è svelto e nervoso, non osservo nulla all'infuori del marciapiede davanti a me, sento le navette sfrecciare magneticamente di fianco a me lasciandomi una sensazione elettrica sul braccio sinistro, continuo a ripensare a Tony ed al suo comportamento senza trovarvi nessuna spiegazione plausibile, respiro profondamente, attivo il bifono portatile, è grosso quanto un bottone della giacca, non si nota neppure, mi basta premere su di esso, è agganciato all'altezza del petto proprio sotto uno dei bottoni, chiamo di nuovo Tony ma di nuovo risponde la segreteria, chiudo sbuffando, non riesco a comprendere cosa possa essere successo, ho appena superato il mio quartiere, sono a metà strada, il quartiere romano, definito così per gli edifici in stile romano, è semideserto, pochi sono in giro e quei pochi non sembrano essere molto attenti a me anzi, si scambiano qualcosa, ma non ci faccio molto caso, continuo a camminare, ho una strana sensazione, rallento il passo come se qualcosa mi dicesse che è meglio non fare movimenti troppo rapidi; proseguo senza guardarmi intorno, quella strana sensazione mi accompagna fino a che non esco dal quartiere, era molto che non passavo da quel quartiere a piedi, ma non lo ricordavo così...sporco, non per qualcosa di particolare, anzi gli edifici erano completamente bianchi, ripuliti ogni anno da squadre specializzate, risultavano tutti impeccabili, ma la sensazione che ne ho avuto è stata proprio quella, di impalpabile sporco.
Vedo poco lontano il centro commerciale, conterrà si e no un migliaio di negozi, lo osservo da lontano, mano a mano che mi avvicino si ingigantisce, sembra quasi voler inghiottire tutto ciò che ha intorno, sono giunta all'ingresso del parcheggio navette, qui bisognava stare attenti, quando il pilota dava l'indirizzo di destinazione navetta, il computer sceglieva uno dei milioni di posti disponibili, se non ve ne erano, la navetta non partiva, di solito il computer un attimo prima della ricomposizione molecolare ricontrollava le liste per evitare incidenti tra navette già parcheggiate, a volte con insuccesso, ma cose che capitano, difficile poi capire quale computer è andato in crash, arrivo al portone d'ingresso, il classico con la porta elettronica a scomparsa; nell'orario di apertura è sempre aperta in questo modo c'era dispersione di calore, infatti appena si entrava gradualmente la temperatura aumentava fino ad arrivare ad una temperatura stabile di una ventina di gradi celsius dopo pochi metri, le giacche si potevano lasciare nel guardaroba come le borse, le poche cose che servivano, il bifono e la carta di credito si potevano portare tranquillamente in un taschino, ma c'era chi preferiva tenersi tutto addosso, forse per paura che al guardaroba gli scambiassero gli indumenti, cosa che mi era capitata, ero entrata con una giacca e ne sono uscita con un giacchino per bambini, inutili le proteste, ormai la mia giacca non c'era più, però la direzione mi ha offerto un buono acquisto per una giacca nuova di mio gradimento, in quel momento ero un po' scocciata ed ho fatto la pestifera, facendo tirar fuori qualunque giacca avessero, pure in magazzino, solo per ripicca. Però non hanno più sbagliato dopo, sorrido mentre ci ripenso, era fantastico guardare la faccia delle commesse mentre guardavo annoiata tutte le giacche, mentre io avevo già deciso quale prendere e Tony che mi sosteneva nel gioco “Ma questa ti fa grassa e quest'altra bassa...” , già, Tony, di nuovo nei miei pensieri, chissà che faceva ora. Lascio la giacca al guardaroba, prendo il bifono e la carta, comincio ad osservare i negozi, entro in gelateria e prendo un gelato alla panna e cioccolato, sembra banale ma è l'unico gelato che mi piaccia realmente e che mi da la capacità di riprendermi dai colpi.
Chiamo a casa, non vorrei che si preoccupassero, Lele non risponde, lascio il messaggio in segreteria “Sono al centro commerciale, mi si è rotta la sveglia, torno appena posso, sono a piedi, al massimo metti il pollo in forno a SS1, così per quando arrivo è mezzo cotto e poi lo regolo io per finirlo, grazie”.
Continuo a camminare lentamente gustandomi il gelato fino in fondo, osservo i vari negozi come se mi interessasse comprare qualcosa anche se in realtà non sono più di tanto interessata, il nodo allo stomaco viene lentamente sciolto dal dolce sapore del gelato, mentre penso che il cioccolato è un ottimo antidepressivo per la carica di endorfine che riesce a sprigionare nel cervello, sorrido pensandoci anche se non sono per nulla felice, forse un sorriso che sbuca dalla tana per abitudine, o semplicemente per evitare che altri si annoino con i miei pensieri.
Mentre passo di fianco ad un negozio di casalinghi noto una coppia intenta nell'acquisto della lista dei regali, è da tempo che il matrimonio è stato abolito per legge, solo coppie di fatto, meno burocrazia se qualcuno vuole lasciarsi, ma non è cambiato nulla le coppie si fanno sempre le promesse, invitano i parenti e gli amici un giorno prefissato per festeggiare un nuovo inizio e gli invitati portano loro i regali, se c'è una cosa che mi sono sempre chiesta è a che serve mettere una legge se poi le nessuno la segue perchè non sono abbastanza istruiti per recepirla correttamente.
Inclino la testa da un lato, mentre osservo lei che indica un piatto con dei ricami gentili in oro sui bordi, lo sguardo incantato come se avesse trovato i piatti dei suoi sogni poggiando una mano sul braccio di lui intento a parlare al commesso e poco interessato alla scelta, come se un piatto valesse l'altro.
Passo oltre, il gelato è quasi finito ora sto sgranocchiando la cialda, adocchio il negozio di orologi poco lontano da me, finisco in fretta il cono mentre mi spolvero le labbra dai residui, osservo la vetrina da fuori cercando un'ispirazione, vedo la stessa sveglia che mi ha regalato Tony, il blocco allo stomaco ritorna inesorabile come sempre, distolgo lo sguardo per evitare che mi si riempiano gli occhi di lacrime, respiro profondamente ed entro, in fondo voglio solo una stupida sveglia.
- Buona sera, vorrei vedere una sveglia olografica che non sia quella in vetrina per cortesia – ricordarsi che la gentilezza rende i commessi ben disposti anche a sconti, una delle regole del marketing che ci hanno insegnato a scuola, essere gentili e poco problematici rende le trattative meno difficoltose, questa la seconda regola, ma se queste regole le sanno tutti chi gli vieta ai commessi di mentire?
- Buongiorno, abbiamo altre due sveglie di questo tipo una con credito di 100, ma si illumina la notte e in ogni momento lo si richieda, l'altra è più semplice, proietta semplicemente l'ologramma dell'ora sul muro o su una superficie predefinita in partenza, questa viene solo 20.
Le tira fuori entrambe per farmele vedere, con cura, lentamente come se fossero la cosa più importante del mondo, lo osservo mentre con un sorriso gentile si avvicina a me, le osservo bene, provo a contrattare, quelle stesse sveglie il mese scorso venivano vendute alla metà, il commesso sembra recalcitrante, gli faccio notare che il negozio del piano di sopra le vende a meno e che forse mi sarei rivolta a loro; in realtà, sto bluffando non ho controllato quanto costassero in quel negozio, ma spero che il commesso non lo sappia ed effettivamente per un attimo è rimasto zitto come se fosse stato preso di sorpresa, si guarda attorno per vedere se c'è qualcuno che ascolta, ma non vi è nessuno, abbassa la voce mentre mi dice che mi può fare un piccolo sconto del 10%.
Meglio di niente accetto, se scendo ancora un po' si mangia la foglia e tutto il resto quindi meglio prendere e andare; inserisco la carta nell'apposita fessura nella cassa ed il computer scarica automaticamente il prezzo della sveglia che ho acquistato, 90 crediti. Ringrazio educatamente il commesso ed esco dal negozio camminando lentamente osservo altri negozi, senza fretta, tranquillamente, mi sento leggermente meglio, come se quell'acquisto, il rimpiazzamento di quell'oggetto potesse rimpiazzare anche in un qualche modo quell'affetto perduto, ma so perfettamente che è un pagliativo, presto o tardi dovrò affrontare di nuovo tutto quanto.
Quasi d'un tratto vedo Tony con l'altra ragazza, strinsi forte la borsa con la sveglia, ma non bastò e le tempie cominciarono a pulsare sempre più violentemente come se le vene volessero fuoriuscire dalla pelle, senza nemmeno accorgermi di ciò che facei, mi avvicinai alla coppia per poi guardarli in faccia, in lui non vidi assolutamente nessun sentimento trasparire, come anche prima che mi avvicinassi era strano vederlo così, non rideva più, era serio, strinsi gli occhi socchiudendoli, non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, eppure sembrava non essere più lui.
Si fermarono entrambi davanti a me, ma nessuno dei due sembrava intimorito, non parlavano rimanevano in silenzio, cominciai io il discorso come non so nemmeno ora che ci penso, ma volevo assolutamente una spiegazione e l'avrei avuta. Tony non disse nulla, il suo silenzio mi ferì, le tempie pulsarono più forte, strinsi più forte la borsa che avevano in mano, non volevo arrendermi, le lacrime cominciarono a scendere, lacrime di rabbia, cominciai a gridare qualcosa, forse lo stavo insultando, non capivo e volevo assolutamente riuscire a comprendere quel comportamento per me assurdo, penso di essere diventata rossa, le altre persone si fermarono ad osservarmi imbarazzate, forse sussurravano qualcosa tra di loro, ma non potei sentirli ero troppo impegnata ad ascoltare me stessa, in quel momento non sentii null'altro che me e loro, da parte loro non vi fu nessuna reazione visibile come se fossero immobilizzati ed impassibili, ero così presa dalla situazione che non mi accorsi nemmeno di aver lanciato la borsa che avevo in mano su Tony, non gli fece nulla e nemmeno si ruppe avrei constatato più tardi, ma qualcuno all'armato chiamo la polizia che mi buttò a terra, avrei voluto rialzarmi non mi importava chi fosse che mi stesse bloccando, ma non ci riuscii, lentamente mi calmai, ma non vidi più nulla, le tempie mi pulsavano terribilmente fino a farmi girare la testa fino a che cominciò il mal di testa.
I poliziotti si alzarono e mi invitarono a seguirli, lanciai un'altra occhiata a Tony, ma non vidi nessuna emozione trapelare, mi misi l'anima in pace e seguii mesta i poliziotti che mi caricarono sulla navetta e che mi riportarono a casa, ormai era tardi, mio padre aprì la porta e con la bocca aperta ascoltò il poliziotto relazionargli l'accaduto, io non avevo il coraggio di guardare mia madre in faccia e continuavo a muovere gli occhi in qualunque altra direzione. Quando mi concessero di rientrare a casa e si allontanarono sentii il poliziotto dire a mia madre:
- Signore, mi raccomando la tenga d'occhio se verrà presa la prossima volta sa perfettamente cosa saremo costretti a fare, è giovane vorremmo evitare - forse voleva essere un po' gentile ma il suono della voce rimase con lo stesso identico tono con cui si farebbe la lista della spesa, era forse la prima volta che lo notavo, quel tono sempre uguale in tutto ciò che diceva, come Tony, corrucciai la fronte non capendo bene, ma rimasi ferma dov'ero.
- sì, certo comprendo perfettamente cosa intende - chiuse la porta, mi aspettavo un rimprovero ma invece del rimprovero, mio padre mi abbracciò, mi assicurò che non era nulla e mi fece andare a letto così che il mal di testa passasse, mi disse che ne avremmo riparlato domani mattina e che non sarei andata a scuola.
Rimasi a letto sovrappensiero, mio padre spense la luce ed abbassò le persiane metalliche con un timbro della voce basso e pensieroso, socchiuse la porta e si allontanò, rimasi così per un po', poi forse pensando che non sentissi o che mi fossi addormentata, mio padre telefonò a mia madre, erano ormai le dieci di sera, lo sentii parlare con lei, immaginandomi le sue risposte.
- Sì, domani le ho detto che non andrà a scuola, dovremo inventarci qualcosa, devi portarla al centro, tu sai dove, sai cosa succederebbe se la prendono di nuovo - mio padre sembrava concitato, riprese dopo che mia madre gli avesse risposto - lo so lo so, ma sai anche tu che è meglio che si controlli, deve imparare a controllarsi, altrimenti lo sai come finirà vuoi che le facciano... - lascia la frase in sospeso, aspetta che mia madre risponda e poi con un mesto sì riaggancia il bifono e sento che si allontana verso la stanza di Lele, apre la porta, controlla che dorme, la richiude e si avvia verso il soggiorno.
Il mal di testa ha preso il sopravvento per cui decido di chiudere gli occhi, ascolto il mio respiro e solo così dopo qualche minuto riesco a dormire un po'.
rashna