“Corri corri, fai presto corri!”, pensò Terwin mentre correva sempre più veloce nonostante le sue piccole gambe, si fermò ansimando poggiando i palmi delle mani sulle ginocchia, sentì in lontananza il latrato dei cani, la stanchezza lo pervase impedendogli di continuare, i muscoli molli e cedevoli sotto il peso dell'halfling. Terwin alzò lo sguardo in cerca di un nascondiglio, intorno a lui vi erano solo alberi e cespugli fitti, i cani intanto si avvicinavano sempre di più, ora il latrato era più vicino, una strana frenesia lo prese allo stomaco, sapeva che doveva andarsene ma non riusciva a muoversi, raggiunse un cespuglio e ci si nascose dentro, si inginocchiò a terra, congiunse le mani, le aprì a libro, per poi richiuderle e riaprirle altre due volte.
Oh, madre terra, tu che aiuti gli indifesi, aiuta un tuo povero servo, aiuta un innocente - le mani di Terwin si aprirono ancora, le alzò al cielo per poi lentamente appoggiarle a terra con i palmi rivolti verso il basso, lento ripeté ancora la stessa preghiera, sussurrandola di nuovo e di nuovo ancora.
La terra sussultò lievemente sotto i piedi di Terwin come avesse compreso ciò che chiedeva, lentamente un'aura nera si alzò dal terreno e sembrò volteggiare intorno al cespuglio, i latrati si avvicinavano, l'aura si assottigliò sempre di più fino a scomparire di nuovo nel terreno come assorbita dal terriccio e dalle radici del cespuglio.
Terwin riprense a respirare lentamente, riprendendo il suo ritmo regolare; i cani erano ormai a pochi metri, Terwin li sentì dal suo nascondiglio, ma non osò muoversi, rimase immobile accucciato a terra, gli occhi spalancati, quasi non respirando. I cani inferociti annusarono intorno, ogni albero, ogni cespuglio, cercando l'odore del giovane halfling, sbavarono e ringhiarono, continuarono a gironzolare intorno ai cespugli proprio vicino a Terwin, ma fu come se non lo sentissero, la loro mente sembrò offuscata da qualcosa; d'un tratto come se avessero sentito qualcosa, un comando noto solo alle loro orecchie corsero via lontano, lasciando nel silenzio il luogo.
Terwin aspettò qualche istante prima di muoversi, ma non sentì nessun rumore, respirò di nuovo regolarmente, poi si alzò, ma una voce di fianco a lui lo trattenne:
- Fermo! Non ti muovere, non ancora. I cani non sono ancora lontani
Terwin si voltò con gli occhi spalancati, non riuscì a capire da dove veniva quella voce, saltò appena spaventato, voltò lo sguardo attorno incuriosito, non vide nessuno, eppure era sicuro di aver sentito una voce:
- Chi... chi ha parlato? - disse Terwin con la voce tremula, incredula, continuò a girarsi intorno cercando di capire anche se non uscì dal suo cespuglio.
- Sono stata io, sono qui... qui in basso. Mi hai chiamato tu non ricordi? - la voce è sottile e limpida, chiara e semplice.
- No, sinceramente non ricordo di aver chiamato nessuno, men che meno... - Terwin guardò in basso cercando di capire chi o cosa stava parlando, rimase un po' basito, poi si riprese e cercò di tirare ad indovinare – una... una pietra? ecco sì, una pietra, non ho mai chiamato una pietra – sicuro osservò quella pietra che prima non aveva visto, tutta ricoperta di terra scura e piccole pietruzze attaccate ad essa.
- Certo che è strano, prima chiamano ed invocano aiuto e poi, nemmeno ti conoscono quando tutto è passato – la pietra tacque per qualche secondo, poi riprese – ora taci! stai giù stanno arrivando ancora, fai silenzio mi raccomando se vuoi salvarti.
Senza dire una parola Terwin ancora sconvolto per la sua scoperta si accuccia nella stessa posizione precedente, rimase ad ascoltare e si accorse di sentire di nuovo il rumore dei cani, latrarono e corsero, sbavarono e ringhiarono. Di nuovo smise di respirare per lasciar posto alle sue paure, di nuovo gli occhi spalancati, in quel momento però osservò la pietra che gli era accanto, gli sembrò una pietra comune, nulla di strano, rimase a pensare sperando che i cani questa volta se ne andassero e non tornassero più. “Eppure quella pietra mi ha salvato, non riesco a credere che quella preghiera mi abbia donato una pietra magica, ma è lì e quella pietra mi ha detto che sarebbero tornati e così è stato e forse è merito suo se non mi hanno sentito la prima volta, o forse soffro di allucinazioni chi lo sa”pensa Terwin.
I cani, ormai nei dintorni del cespuglio, continuarono ad annusare, ma sembrava che avessero perso le tracce dell'halfling, d'un tratto si sentì un tuono, come fosse un grido di rabbia, e di nuovo un altro ed un altro ancora, i cani sembrarono impazzire sotto quel tamburo di suoni, si alzarono sulle due zampe posteriori, il muso rivolto al cielo come a chiedere dove andare, un fulmine venne scagliato a terra vicino ad un albero, non creò danni se non un buco, i cani non sembrarono nemmeno storditi, le vibrazioni risuonarono nel terreno fino a Terwin, gli penetrarono fino alle ossa ed al cervello, si scosse tutto per un attimo per poi cadere svenuto, nascosto dal cespuglio. I tuoni si fermarono, i cani si tranquillizzarono, poi come richiamati da un qualcuno invisibile si allontanarono velocemente.
Terwin si risvegliò dopo qualche ora, la testa pesante e indolenzita, i muscoli contratti, aprì gli occhi a fatica, si girò su un fianco lentamente per potersi poi alzare, puntò il palmo di una mano a terra e vi appoggiò il peso sopra, si mise a sedere, osservò intorno a sè cercando di capire cosa fosse successo, gli occhi appannati dall'umidità.
- Ben svegliato! - disse la vocina squillante vicino a Terwin.
Terwin si voltò verso la pietra, la osservò con gli occhi appannati, sbattè le palpebre, poi si portò una mano alla testa. “No, non ho sognato allora, la pietra esiste davvero”, pensò Terwin stremato.
Grazie – disse Terwin poco convinto – i cani? se ne sono andati?
- Sì, subito dopo il fulmine che ti ha stordito.
Perfetto! ho la testa che scoppia. Allora posso andare, grazie di tutto. - si alzò sulle due gambe, ma ricadde immediatamente a terra, la pietra rise argentina.
Sarà un po' difficile che tu ti riesca a muovere, guarda oltre quei faggi, lì di fronte a te, c'è un salice, la sua corteccia ti farà star meglio, ma devi arrivare fino a lui.
- Non... non so come fare, non riesco a muovermi.
- Prendimi con te, vedrai che riuscirai ad arrivare al salice.
Terwin prese la pietra in mano, non era molto convinto di ciò che ella gli diceva, si alzò e nonostante la testa e i muscoli doloranti riuscì a stare in piedi, barcollando raggiunse lentamente il salice oltre i cinque faggi di fronte a lui, il salice era molto grande, un orso grattandosi la schiena aveva fatto cadere un po' della corteccia a terra, era secca ed era possibile utilizzarla per degli infusi, alcuni rami spezzati, intorno all'albero, un alveare abbandonato ma ancora pieno di buon miele.
Terwin si sedette a terra, vicino ai rami spezzati, cominciò con il prendere i rami più piccoli, incastrandoli l'uno nell'altro in modo che stessero in piedi e formassero un triangolo con il terreno, sotto mise delle foglie secche, dal suo zaino ne estrasse un acciarino, lo mise vicino alle foglie e in pochi attimi le foglie presero fuoco, i rami anche ed il fuoco si accese; egli prese un piccolo pentolino, poi dell'acqua dalla borraccia e, utilizzando dei sassi come rialzo, lo posizionò vicino al fuoco, appoggiò le spalle al tronco dell'albero per riposare aspettando che l'acqua bollisse, la testa ronzava tanto faceva male, osservò la pietra che aveva lasciato accanto a sé, ora era silente e sembrava una pietra qualunque, d'un tratto le chiese:
- Come ti chiami?
- Non ho un nome, nessuno me ne ha mai dato uno
- Ti chiamerò Margynza allora. Io sono Terwin, sai almeno da dove arrivi?
Dal profondo della terra, quando hai chiesto aiuto a mia madre, lei ha deciso che dovevo essere io ad aiutarti e mi ha mandato quassù.
Terwin sorrise, si accorse che l'acqua bolliva, prese due pezzi della corteccia di salice che era ai suoi piedi e la mise nel pentolino, lasciò bollire per qualche attimo, prima di togliere il pentolino dal fuoco, tolse la corteccia dall'acqua e aspettò che fosse tiepido per poter bere l'infuso amaro. Stortò la faccia mentre lo beveva, era davvero orrendo, ma sapeva che gli faceva bene, dopo poco prese anche un pezzo di alveare e ne mangiò il dolce contenuto, ormai era quasi notte, prese altri rami e ravvivò il fuoco, poi si accucciò vicino alle radici dell'albero e si addormentò profondamente.
Quando Terwin si risvegliò era già giorno, il mal di testa era passato ed anche i dolori ai muscoli, si stirò, si mise a sedere, si guardò attorno, ma nulla era cambiato, solo il fuoco si era spento, la pietra era rimasta lì accanto a lui come a vegliarlo amichevolmente, vide il miele nell'alveare, ne prese un po' e fece colazione.”La porterò con me, mi ha salvato dai cani e mi ha condotto dove potevo trovare riparo, senza chiedermi nulla in cambio, sono sicuro che mi servirà ancora”, pensò Terwin mentre assaporava l'ultimo boccone, si leccò le dita, poi si alzò, rimise lo zaino in spalla, prese la pietra e la mise nella sacchetta dei denari lasciandola un po' aperta.
- Dove andiamo? - chiese la pietra cristallina
- Non saprei – rispose Terwin alzando le spalle – in un posto dove si possano fare acquisti, cibo, acqua, erbe, dove poter riposare un po' e poi partire per il tempio di Torban – disse serio, ma sorridendo all'idea del Tempio.
Allora se andrai sempre verso sud, sul sentiero che vedrai non poco lontano da qui, troverai un piccola città, appena fuori dal bosco.
- D'accordo, allora verso sud
Non poco lontano dal salice verso sud, Terwin incontrò un sentiero battuto come gli aveva detto la pietra, rincuorato s'incamminò su quel sentiero seguendolo sempre, il bosco era abbastanza rado, poche le piante ai piedi degli alberi che alti non lasciavano trapelare la luce del sole e le piante non crescevano, se non qualche rado cespuglio di bacche e rosaspina. Gli uccellini cinguettavano allegri ed anche Terwin si rallegrò nel sentirli, sembrava di nuovo aver ripreso quell'antica armonia che l'univa alla sua amata natura, nulla avrebbe potuto distrarlo da quel senso di pace e tranquillità che ora sentiva.
Il cammino procedette tranquillamente fino ad un bivio, il sentiero ora si spaccava in due tronconi, uno sulla destra ed uno sulla sinistra, quello sulla sinistra era evidentemente più erto e ciottoloso, mentre quello sulla destra era piano e lineare, Terwin li osservò attentamente, poi fece per prendere il sentiero sulla destra, ma la pietra lo fermò:
- Aspetta! – gli disse – questo sentiero sembra solo più semplice da seguire, ma conduce ad un vicolo cieco. L'altro è più difficile da seguire all'inizio, ma vedrai che ti condurrà senza problemi al villaggio che cerchi.
- Sono stanco, non ho voglia di fare la strada in salita – Terwin agitò la mano in alto come scocciato, sbuffò e poi si accasciò a terra sedendosi rumorosamente.
- Ti ho mai mentito? che senso ha prendere la strada che ti sembra più semplice quando poi ti porterà in un baratro che non ha fine? Riposa qui e poi prendi la tua decisione.
La pietra si zittì ed aspettò con pazienza che Terwin si riposasse, egli rimase immobile con i gomiti puntati sulle ginocchia, la faccia imbronciata, dopo un po' prese la borraccia e ne bevve un sorso, ormai era quasi a metà, gli serviva arrivare al più presto ad una fonte, “no,non mi ha mai mentito, è vero, ma sono stanco e non ho voglia di fare una strada che mi affatichi ancora di più e se rimango qui, non avrò abbastanza cibo e forze per continuare mai. Che devo fare? Oh, madre terra guida tu la mia scelta”, pensò, rimase poi in silenzio osservando un punto lontano come se stesse pregando, respirò profondamente come a cercare concentrazione, poi d'un tratto si alzò, sistemò lo zaino sulle spalle e prendendo il sentiero in salita disse:
- Andiamo, ma se non è vero ciò che hai detto...- alzò una mano richiudendola a pugno velocemente, serrò le mascelle e non concluse la frase.
- Vedrai con i tuoi occhi – disse la pietra e non aggiunse altro.
La salita era difficoltosa, a tratti vi erano dei massi, Terwin per superarli dovette aggirarli, o scalarli, visto la sua bassa statura, sembrava quasi che non finisse mai la salita, sulla sua destra il bosco si era rarefatto, solo alcune sterpaglie, si soffermò un attimo ad osservare il precipizio e solo allora notò che il sentiero sottostante si interrompeva bruscamente finendo in un burrone, ancora non poteva vederne la profondità però, ma in quel momento ringraziò la madre terra e la sua pietra per avergli evitato un errore che gli sarebbe potuto costare la vita.
Dopo una lunga salita, cominciò una rapida discesa, ora Terwin era più tranquillo, la fatica era passata e i muscoli si stavano stirando mentre la discesa proseguiva senza sbalzi, ora respirava più regolarmente di prima, il peggio era passato, nel primo pomeriggio il sentiero riprese un'andatura pianeggiante ed il bosco riprese con i suoi alberi ed i suoi cespugli, Terwin bevve ancora dalla borraccia, i morsi della fame però cominciarono a farsi sentire, si fermò e si appoggiò con una mano al tronco di un albero per riposare.
- Ho fame e tra poco non avrò più forze per camminare – disse Terwin
- Più avanti troverai una fonte fresca e una pianta di bacche con cui potrai ristorarti, non manca molto, dopo la fonte ci saranno pochi chilometri per il villaggio, se non ti fermerai che il tempo necessario per ristorarti sarai lì per la sera.
Terwin senza fiatare riprese il cammino, lo zaino sembrava sprofondargli nelle spalle, nonostante non contenesse niente di più di quando partì, tutto sembrava più pesante di quello che in realtà era; in lontananza vide ora un piccolo spiazzo, si rincuorò nel vedere la piazzola con la fonte che la pietra gli aveva indicato poco prima, le gambe si appesantirono ulteriormente, come per istinto, mise la mano nel sacchetto delle monete e ne prese la pietra, la estrasse e la tenne stretta in mano fino a che non arrivò alla fonte, lì lasciò cadere lo zaino a terra con un grosso tonfo, poi prese la borraccia, andò alla fonte, era di pietra, un rubinetto ne fuoriusciva da un lato creando uno zampillo eterno di acqua in un cesto di eteree visioni.
Terwin si specchiò nella fonte, vi immerse le mani e le braccia, chiuse gli occhi sorridendo, il fresco dell'acqua lo calmava sempre, si bagno il volto, poi il collo e la lunga capigliatura sotto il getto continuo di acqua. Egli prese di nuovo la borraccia in mano, la riempi un po', la sciacquò e poi la riempì di nuovo completamente, si guardò intorno, vide i cespugli di rose canine, vi si avvicino e ne prese qualcuna le masticò il sapore era aspro e pastoso ma cominciò a riprendersi un po', sotto il cespuglio di bacche notò delle piantine di fragole, sorrise e mangiò a sazietà, le gambe però non avevano più intenzione di muoversi, ma ricordava ciò che gli aveva detto la pietra, non poteva fermarsi. Andò di nuovo verso la fonte, si bagnò di nuovo il viso e le braccia, di nuovo la testa, poi come rassegnato prese lo zaino, vi legò la borraccia ad una bretella, se lo mise in spalla, rimise la pietra nel sacchetto di monete e si rimise in cammino.
Il paesaggio dopo poco era cambiato, gli alberi si stavano diradando, oltre ai cespugli ora si vide dell'erba e le piante del sottobosco che aumentavano ad ogni passo, il sole ora trapelava tra un ramo e l'altro, già stava raggiungendo l'ovest, “devo muovermi prima che faccia buio”, pensò Terwin, ma non velocizzò più di tanto il passo, era preso da una strana tranquillità e soddisfazione.
Il bosco sembrò finire sul far della sera, poco lontano oltre pochi campi coltivati a grano, Terwin intravide le luci che cominciavano ad accendersi i fuochi delle lanterne che illuminano le strade di notte, era arrivato ed una strana frenesia lo prese, una contentezza insolita.
- E' il villaggio, è il villaggio – continuava a ripetere.
- Sì, ti ho condotto fino al villaggio, come ti avevo promesso. Ora però ascolta attentamente, qui ci sono persone non sempre buone, molte di loro cercheranno di ingannarti, spetterà a te scegliere a chi dare la tua fiducia, ma stai attento, potresti darla alla persona sbagliata ed allora...- la pietra si zittì per qualche attimo che a Terwin sembrò eterno, aveva nel cuore un senso di responsabilità nuovo ma che lo rendeva quasi nudo, poi riprese – ti aiuterò se chiederai e se potrò farlo. Ma ricorda le scelte sono tue e di nessun altro, tu sei il responsabile di ciò che sceglierai.
La pietra si zittì di nuovo e non emise più suono, ora Terwin si trovava nella via principale del villaggio, le case erano già tutte chiuse, poche persone in strada, il villaggio non era grande, a metà della via, le strada si divideva in due, una parte proseguiva sulla destra e l'altra continuava verso sud, ma dopo poco terminava nella radura dei campi, la strada a destra sembrava un po' più vivace, si sentivano canti e tamburi, risate e grida, Terwin si diresse da quella parte, su un lato vi erano tutti i negozi, il fornaio, il macellaio, l'erborista, dall'altro vi era un ristorante e una locanda. Terwin decise di entrare prima nel ristorante, osservò i tavoli, erano quasi tutti pieni, l'oste lo vide e gli si fece incontro:
- Buona sera viandante, in cosa posso esservi utile?- l'uomo sorride, gli manca un incisivo di sopra, è grasso e tutto sudaticcio per via del lavoro in cucina, la camicia grigio scura, tutta macchiata, il grembiule ingrassato di nero, e di fumo delle pentole sul fuoco.
- Sì, ecco vorrei mangiare qualcosa, che avete? - disse Terwin un po' titubante sulla qualità del cibo.
- Abbiamo un coniglio appena sfornato, delle verdure lessate, una minestra di orzo e farro, frutta fresca di stagione.
- Vada per la minestra di orzo e farro, le verdure lessate e la frutta fresca
- D'accordo, accomodatevi pure...- l'uomo sospende un attimo la frase mentre osserva i tavoli, poi ne vede uno e vi si dirige, vi è un uomo dormiente sul tavolo, con una manata lo butta a terra e grida – e spostati ubriacone da quattro soldi – poi sorridendo a Terwin – prego, prego non facciate i complimenti.
Terwin si sedette al tavolo, mise, lo zaino a terra, sotto il tavolo tra le gambe, poi si guardò un po' attorno, al suo tavolo c'erano altre persone, un elfo intento a mangiare un po' di frutta, che però non sembrava affatto tanto fresca come aveva vantato l'oste, un nano che zitto si rimpinzava di birra e selvaggina, e l'uomo caduto di fianco a lui che nessuno aveva rialzato e che dormiva beatamente sul pavimento. Terwin inarcò le sopracciglie, l'oste arrivò e gli posò le sue ordinazioni davanti a lui poi gli chiese:
- Da bere che vi porto? un po' di birra?- guardandolo in piedi, sempre sorridente.
- Va bene – il tono titubante di Terwin non provò a contestare nonostante non sapesse bene cosa fosse la birra, osservò in giro, poi affondò il cucchiaio nella minestra e a testa bassa cominciò a mangiare.
L'oste tornò con il boccale della birra, Terwin l'osservò, era enorme, ma non osò dire nulla, finì la minestra in silenzio, poi sorseggiò la birra, prendendo il boccale con due mani, il sapore amarognolo gli scese in gola andando a contrastare con quello dolce della minestra, declutì, rimanendo un po' basito, stortò la bocca in una smorfia, i trapezi si scaldarono molto o è questa la sensazione che ne ebbe, il nano lo vide e si mise a ridere rumorosamente prendendolo in giro. L'elfo si girò in quel momento e lo vide nella sua smorfia:
- Che c'è amico? non ti piace? - rimanendo un po' stupito dalla smorfia e poi rivolto al nano – e te, Toran, smettila di prenderlo in giro non a tutti può piacere.
- Solo agli smidollati non piace – grugnisce il nano per poi ritornare al suo pasto disinteressandosi degli altri.
L'elfo alza una mano infastidito, poi scrolla la testa, osserva di nuovo il giovane halfling, gli si avvicina:
- Non per farmi gli affari tuoi, ma non sei un po' troppo giovane per berla?
Terwin, osserva l'elfo, la bocca gli si impastò, gli occhi gli diventarono lucidi:
- Eh...non lo so, non l'ho mai bevuta una roba del genere...ihihihihih – ride dondolando un po' il capo – però è buona. - fa per prenderne ancora, ma l'elfo lo fermò.
- No, no, no. Ne hai già bevuta troppa a quanto sembra. Io mi chiamo Ligyar e tu?
- Io sono Terwin – dondola di nuovo il capo, la vista gli si appannò.
- Prendi mangia un po' di pane, assorbirà l'alcool e ti farà riprendere in fretta – gli passò mezzo panino, Terwin lo prese e ne mangiò una buona parte, aveva ragione l'elfo gli occhi erano meno appannati e la testa meno confusa, continuò a mangiare il pane fino a che fu meno ubriaco.
- Grazie sei stato gentile ad aiutarmi, non avevo mai assaggiato una bevanda simile, che strano effetto – osservando poi il boccale ed il suo contenuto.
- Sei molto giovane, da dove vieni?
- Sono di Albor
- E come mai sei qui da solo?
- Sono andato via di casa, devo raggiungere il tempio di Talbor, il chierico di Albor non poteva insegnarmi più di quello che già sapevo e mi ha consigliato di andare lì per imparare di più.
L'elfo ascoltò molto attentamente zittendosi, l'halfling visto che l'elfo non parlava più ma gli era rimasto vicino gli offrì un po' del suo pasto, se non proprio per amicizia almeno per riconoscenza, vedendo l'elfo rifiutare, si decise a finire il pasto lui, l'oste passò di fianco al loro tavolo, dette un calcio all'uomo ancora sdraiato a terra ringhiandogli qualcosa il quale si girò senza svegliarsi, Terwin gli chiese quanto doveva ormai aveva quasi finito e se ne sarebbe andato al più presto, voleva evitare di non trovare posto alla locanda di fianco.
- 15 monete di rame
Terwin rimase un po' a bocca aperta nel sentire la cifra, aprì la bocca ma poi non disse nulla, mise mano al sacchetto delle monete, ne estrasse la pietra e la mise sul tavolo, poi ne estrasse le quindici monete e le diede all'oste che poco badò alla pietra e più alle monete, poi se ne andò in cucina mettendo le monete in una tasca dei pantaloni, ma Ligyar la prese in mano e l'osservò attentamente prima che Terwin la potesse rimettere via.
- Che cos'è? - disse Ligyar rigirandola tra le mani – da dove arriva.
- E' mia – si affrettò a rispondere Terwin cercando di riprenderla – arriva dalla terra da dove dovrebbe arrivare, è una pietra.
- Sì, ma è brutta come non so che cosa, non ha nessun valore è una stupida pietra
Terwin lo osservò, non gli piaceva ciò che diceva, ma non volle contraddirlo, Ligyar tenne la pietra abbastanza in alto da non fargliela prendere poi riprese:
- Lasciala qui, che te ne fai di una roba del genere, fra due giorni ci sarà il mercato, lì sì che ci sono pietre stupende, se vuoi ti farò fare un buon affare e ti farò acquistare delle pietre speciali, davvero le migliori, quelle magiche, ma sul serio che proteggono dai draghi e dalle frecce, ce ne sono davvero di tutti i tipi.- Ligyar alzò la mano libera e gesticolando verso l'alto cercando di simulare la grandezza delle pietre.
-Ma...- cercò di protestare Terwin, ma l'elfo sembrava un turbine e non lasciava molto spazio per obiettare.
- Certo dai, vieni con me, vedrai che al mercato troveremo ciò che ti si addice di più - si alzò e lanciò la pietra sul tavolo che strisciando finì vicino al nano, che ormai stava bevendo l'ultima birra prima di andarsene.
Il nano prese la pietra in mano, la osservò sorrise e tra sé disse “che stupido a buttar via una pietra come questa, tu verrai con me e fra due giorni brillerai come non mai te lo posso garantire”.
Ligyar si alzò e tirò su per un bracciò anche Terwin, che fece in tempo appena a tirar dietro con sé lo zaino prima di essere strascinato fuori dal ristorante, lo portò nella locanda di fianco; lì si trovava una donna dietro al bancone di legno, ben piazzata nel suo vestito rosa e marrone, il grembiule bianco legato alla vita, salutò Ligyar con un cenno ed un sorriso.
- Buona sera, il mio amico qui voleva una stanza
- Ecco, siete arrivati in tempo, fra poco non ci sarebbero più state stanze, con il mercato vicino stanno arrivando tutti i commercianti e non parliamo dei visitatori abituali – la voce dura, alza una mano come per scacciare qualcosa vicino ai capelli legati dietro alla schiena.
- Grazie, quanto è? - chiese Terwin
- cinque monete a notte – rispose la donna.
- Pago in anticipo - e tirò fuori le quindici monete, si ricordò che la pietra non c'era più, un senso di vuoto gli prese lo stomaco, la donna gli passò una chiave e gli indicò le scale dove poteva trovare la stanza, salì insieme a Ligyar, entrò nella stanza, salutò l'amico ed entrò, lasciò lo zaino vicino al letto, poi si sdraiò mettendo le mani dietro la testa, ma quel senso di vuoto non passava.
Terwin si alzò scese di corsa le scale e di corsa raggiunse di nuovo il ristorante, si soffermò davanti al tavolo dove era seduto, continuò ad osservare il tavolo ma non vide la sua pietra, si voltò e si diresse dall'oste:
- Non avete trovato una pietra, sul tavolo?
- No, nessuna pietra – poi soffermandosi a pensare un po' – forse quella che avete buttato via prima? l'ha presa Toran – alza le spalle.
- Toran? - poi ripensa al nano seduto con loro, quello che lo ha preso in giro – e dove lo posso trovare?
- E' meglio che non lo disturbiate, ha detto che è in fase di creazione, ed è meglio per tutti stargli lontano, ve lo garantisco, se ci tenete alla vita – non lo guardava più sistemava la cucina, spegneva il fuoco, poi lavò i piatti con l'acqua appena scaldata e un sapone di grasso di orso.
- Capisco – rimanendo titubante – ma ha la mia pietra
- La vostra? era vostra, una volta che l'avete lasciata lui l'ha trovata e adesso è sua. - alza le spalle.
- Gra...grazie
Terwin non disse altro mentre si allontanava verso la locanda, risalì le scale e rientrò in stanza, si adagiò nel letto e poi si girò e rigirò non riuscendo a dormire accompagnato sempre da quel senso di vuoto, fino a che la notte non lo prese con sé cullandolo nelle onde della luna.
La mattina seguente Terwin si alzò lentamente, i muscoli delle gambe gli facevano male, le spalle erano tutte indolenzite, si alzò a fatica dal letto, osservò fuori dalla finestra era già giorno, si vedeva del movimento nella via, prese il sacchetto delle monete, unica cosa di valore, che aveva con sé, lo soppesò ma sapeva che mancava qualcosa, la cosa più importante: Margynza. Con passo deciso, si diresse fuori dalla locanda, tenne la chiave avvisando la locandiera, per quanto non avesse nulla nel suo zaino di valore se non l'erbario gli scocciava che qualcuno potesse entrare nella stanza a sua insaputa e curiosare nelle sue cose. Ricordò per un attimo cosa gli aveva detto la pietra “le scelte saranno tue...”, andò nel ristorante si fece dare solo due pezzi di pane, dall'oste, poi richiese:
- Dove posso trovare Toran?
- Ancora? sei proprio cocciuto ragazzo – sospirò sconsolato
- Ha la mia pietra e la rivoglio – il tono è risoluto, molto più deciso del giorno prima.
- Lo trovi più avanti, è il fabbro – sempre più sconsolato – ma non ti accoglierà bene, sicuramente non sarà affatto contento, ti conviene portarti un'arma
- Io non ho armi
- Ehhh... allora tieni, porta il bastone almeno questo, ma lo rivoglio. A proposito come ti chiami?
- Terwin e voi signore?
- Puoi chiamarmi Martin anche senza darmi del signore – alza una mano scuotendola ripetutamente come per scacciare qualcosa, socchiude gli occhi e inarca un angolo della bocca.
- D'accordo, te lo riporto subito Martin. Intanto se vedi Ligyar placcalo ad un tavolo, mi deve una pietra.
Martin non capì esattamente e poco ci badò alle sue parole, cominciò ad accendere il fuoco, poi prese e vi mise sopra una pentola piena di acqua, andò nel retro, uscì e si avviò nell'orto. Nel frattempo Terwin era già uscito e si era avviato verso il negozio del fabbro, vide che era chiuso, ma girò sul retro e trovò un'altra porta, cominciò a battere alla porta di legno, da dentro Toran gridando mentre si avvicinava alla porta:
- Che c'è? che c'è? non avete visto che è chiuso?- aprì la porta, vide l'halfling e con una mano sul fianco lo guardò aspettando una risposta
- Rivorrei la mia pietra, quella che avete preso ieri sera indebitamente – la mano tesa come per ricevere qualcosa
- Non ho nessuna pietra vostra – richiuse rumorosamente la porta e tornò al suo lavoro.
Terwin rimase fisso qualche attimo, un po' sbigottito dal comportamento del nano, poi ritrae la mano, prende il bastone con entrambe le mani e cominciò a batterlo sulla porta ripetutamente. Toran dopo poco si alzò di nuovo spazientito, imprecando qualcosa in nanico andò verso la porta e la aprì di nuovo, questa volta Terwin lasciò cadere il bastone velocemente, poi si accucciò e gli passò in mezzo alle gambe, Toran non ebbe il tempo nemmeno di vederlo, quando se ne accorse e si girò lo vide mentre stava già rovistando in mezzo alla sua roba chiamando a gran voce il nome della pietra. Toran prese a rincorrerlo, ma la sua stazza non era quella dell'halfling e faceva fatica a stargli dietro, intanto Terwin continuava a chiamare Margynza.
- Sono qui – disse infine la pietra.
- Dove qui? - fermandosi un attimo e guardandosi intorno, anche Toran si fermò non capendo chi altri vi era nella stanza.
- Qui nella macchina, mi sta ripulendo e tagliuzzando tutta, aiutami ti prego
Terwin seguì la voce e vide una macchina, ma non fece in tempo a raggiungerla Toran si era destato dal primo stupore, lo raggiunse acciuffandolo per il dietro della giacca e sollevandolo in aria lo condusse alla porta.
- Fuori di qui – gridò – quella pietra ormai è mia, l'hai buttata ed ora è mia. - chiuse la porta di nuovo sbattendola.
- In realtà, è mia, io non l'ho mai buttata è stato Ligyar non io, quella è mia e la rivoglio
Terwin riprese il bastone e si diresse di nuovo al ristorante indispettito, la sua rabbia cresceva passo dopo passo. Entrò rumorosamente nel ristorante, si guardò intorno e controllò se ci fosse Ligyar, lo vide seduto tranquillamente ad un tavolo che chiaccherava allegramente con altri.
- Tu, elfo – disse Terwin segnandolo con il bastone, Ligyar si fermò bruscamente rimase a bocca aperta non riusciva a capire che fosse successo.
- Che succede?
- Che succede? te lo spiego subito, tu ieri hai buttato la mia pietra senza che riuscissi nemmeno a dire beh e tanto ero ubriaco non sarei nemmeno riuscito a darti retta e te ne sei approfittato, altro che amico e amico dei miei stivali.
- Sì, ma era una pietraccia, una cosa senza valore?
- Pietraccia senza valore? - si avvicinò al tavolo dove era seduto Ligyar, si sedette di fronte a lui, gli altri intanto si erano zittiti ed ascoltavano, o ci provavano, Terwin abbassò la voce, tenendo sempre il bastone tra le mani, fece cenno a Ligyar di avvicinarsi – quella pietra mi è stata donata direttamente dalla terra, quella pietra è una pietra magica, che mi ha aiutato a non farmi ammazzare e per quanto è vera la dea se non la rivoglio indietro – poi rialzando di nuovo la voce – e visto che la colpa di tutto questo è tua, tu mi aiuterai a riprenderla, ora ce l'ha Toran – picchia il bastone a terra, la faccia scura ancora arrabbiata.
- Toran? beh... santa dea – cominciò a balbettare, sbiancò in volto sempre che potesse essere più pallido del suo colore naturale, si accorse solo ora del suo errore – sì, beh... io.. io penso che forse sarebbe meglio chiedere ad altri, sì sì, è un'impresa assai ardua per le mie possibilità – strinse le labbra poi si alzò, Terwin vedendolo aggirare il tavolo allungò il bastone a venti centimetri dal terreno, Ligyar non lo vide e cadde miseramente a terra. Terwin lo guardò, mentre gli altri risero della caduta.
- Vedo che non mi sono spiegato affatto. Tu mi aiuterai a riprenderla o per quanto è vera la dea ti scateno tutta l'ira di cui è capace la natura per tutta l'eternità ed ovunque tu ti troverai – socchiuse gli occhi sorridendo all'idea di punirlo per la sua mancanza.
- Vedo, che sei proprio deciso e vabbeh andiamo da Toran allora – sconsolato ma poco convinto che avrebbero risolto qualcosa.
Mentre uscivano dal ristorante, una persona seduta al tavolo dietro di loro sembrò molto interessata a ciò che era stato detto, si alzò, andò dall'oste e pagò la bevanda che aveva preso, poi uscì e con passo felpato si infilò nella locanda, non vide nessuno, quindi si mise ad osservare dalla piccola finestra la strada guardando cosa facevano l'halfling e l'elfo.
Terwin bussò di nuovo con il bastone alla porta sul retro, ma non ricevette risposta; bussò una seconda volta, ma ancora nulla, Ligyar si girò dicendo:
- Ecco vedi non c'è, ci abbiamo provato andiamocene
- Eh no! caro mio, vieni – disse dirigendosi verso, il panettiere, entrò nel locale.
- Salve! Avete visto per caso Toran? non riesco a trovarlo nel retrobottega
- Toran è partito, non tornerà se non fra molti mesi, ha detto che aveva un affare urgente da sbrigare. - disse il panettiere, seduto su una sedia, il pane esposto in ceste di fronte a lui. Terwin lo guardò, sospirò. Nel frattempo la figura che si era messa ad osservarli nella locanda, uscì e si avvicinò facendo finta di dover comprare qualcosa nella sartoria, si mise ad osservare la vetrina, mentre ascoltava ciò che dicevano i tre.
- E sapete dove è andato?
- Nelle sue terre, nelle terre di Kymhos.
- E dove sono?
- A sud oltre i laghi di fango.
- Grazie, ci prepari due sacchi di pane per favore, torniamo tra poco a prenderli – disse al panettiere poi si rivolse a Ligyar – andiamo, dobbiamo preparare i bagagli ed alla svelta anche, picchiando il bastone a terra.
Ligyar lo guardò con gli occhi spaventati, scosse la testa più e più volte, mentre lo seguiva fuori dal panettiere e si diressero verso il ristorante. La figura si allontanò di nuovo verso la locanda salì le scale mentre i due attraversavano la strada:
- No, no,no, non puoi... no, non puoi... non puoi andare fino a lì, quelle terre non le conosci, poi per una pietra, meglio rimanere qui, dai domani c'è il mercato, te ne trovo una migliore, promesso, non ti faccio spendere una moneta, giuro, ma non possiamo andare fino a lì, i laghi di fango, poi le montagne e poi... e poi...- sembrò non riuscire più a trovare altre scuse.
Terwin non lo ascoltava più, entrò nel ristorante, chiamo Martin con la sua voce squillante, Martin si affacciò dalla cucina:
- Eh! Che c'è da gridare così?
- Martin preparaci due gavette di cibo, carne secca per un paio di giorni, e metti sul conto anche il tuo bastone, te lo compro, mi servirà per bastonare per bene qualcuno – osserva Ligyar – ah... paga lui – indicando l'elfo
- Eh, no! aspetta un po'... mi vuoi portare fuori da Namys, mi vuoi trascinare in un'avventura che non ho chiesto e devo anche pagare?...scordatelo, la tua parte te la paghi da te – lo osserva risoluto incrociando le braccia al petto.
Terwin lo guarda e pensa “per una volta tanto forse ha ragione, sto esagerando”:
- D'accordo, dividi il conto per due – parlando con Martin, poi si volta verso Ligyar – forza abbiamo i bagagli da fare io e te e cerca di muoverti, prima partiamo e prima lo riprendiamo, si avvia verso l'uscio e quasi sbatte contro una persona, non ci bada molto, poi si riavvia verso la locanda, Ligyar lo segue, osserva la figura, poco più bassa di lui, slanciata, i capelli corti e neri i lineamenti fini, una camicia bianca ed un gilè di pelle, una balestra appesa alla cinta dei pantaloni neri che terminano dentro degli stivali anch'essi neri uno zaino sulle spalle.
- Oste! preparami un pasto da portar via devo partire – la voce bassa e forte, gli lancia 10 monete sul pavimento della cucina, incurante si va a sedere ad un tavolo aspettando il pasto.
- Ohhh... ma che è oggi, domani c'è il mercato e tutti partono – sbuffa leggermente, mentre raccoglie le monete da terra mormorando – ma guarda te se devo pure fare 'ste cose.
Martin appena si rialzò, cominciò a preparare ciò che i tre avevano ordinato, divise tutto in tre piccoli cumuli, prese tre stracci e vi posò sopra ogni singola porzione, poi li legò con un nodo in alto, passò nell'altra stanza e diede il pacco a colui che lo aveva ordinato portandoglielo direttamente al tavolo. L'uomo lo prese senza nemmeno ringraziare, poi lo mise nello zaino e si alzò. Salutò, con lo stesso tono di prima, poi si allontanò verso sud, come aveva sentito dire al panettiere, sorrise compiaciuto della nuova scoperta pensando che sicuramente sarebbe arrivato prima lui dei due umanoidi.
Terwin e Ligyar tornarono al ristorante dopo poco, presero le loro porzioni di cibo, le infilarono nello zaino e salutarono, anche se Ligyar sembrò proprio prolungare al massimo tutti i salamelecchi verso tutti, li salutò proprio uno per uno fino a che Terwin non picchiò il bastone a terra lo guardò, alzò le sopracciglia e un mano come per dire “ci muoviamo?”, allora Ligyar velocizzò i saluti, e con uno sospiro, ma forse era più uno sbuffo si avviò verso l'uscita per poi dirigersi verso sud insieme al suo amico.
rashna
pubblicato il 03/08/2006