Toran lanciò fuori dal laboratorio Terwin con molta facilità, richiuse la porta con violenza scocciato per essere stato disturbato, lentamente si avvicinò alla macchina che usava per tagliare le pietre preziose, mise le mani sulla vita e l'osservò tranquillamente.
- E così tu parli, eh? Allora sei più speciale di quanto pensavo prima – le disse Toran aprendo le maniglie che la tenevano ferma, la prese in mano e l'osservò era ancora presto per vederne la sua bellezza, ma era sicuro di ciò che vedeva in lei, la tenne stretta in mano senza aspettare che rispondesse, la mise su uno panno morbido, la chiuse delicatamente, e la mise in una piccola bisaccia, la legò alla vita ed uscì.
Si diresse verso il fornaio, gli bussò dal retro ed aspettò che venisse ad aprire, qualche attimo dopo gli ordinava tre pezzi di pane da portare via.
- Dove vai così di corsa? - gli chiese il fornaio incuriosito
- Anche se non sarebbero fatti tuoi – rispose secco – torno a casa, affari urgenti mi aspettano e adesso non perdere tempo che ho fretta.
Il fornaio borbottando qualcosa entrò, prese il pane e glielo consegnò, prese i pochi soldi e si allontanò di nuovo verso il suo banco ad aspettar clienti.
Toran si spostò di lato e raggiunse di nuovo il suo laboratorio, prese lo zaino che teneva sempre pronto per i suoi soliti viaggi alla ricerca di pietre e metalli da lavorare per poi venderle, mise dentro un sacchetto di pietre e un sacco a pelo, poi prese una spada e la legò in vita, dalla parte opposta della bisaccia, chiuse lo zaino poi lo mise in spalla ed uscì dal laboratorio, oltrepassò i negozi passando dal retro senza che nessuno lo vedesse, poi prese la via che conduce a sud verso i laghi di fango.
La strada piana di terriccio battuto, mentre camminava Toran sollevò degli sbuffi di terra come se essa avesse da lamentarsi per la pesantezza con cui il nano si muoveva; i contadini lavoravano nei campi di fianco alla strada, non badando ai passanti, non avevano tempo il raccolto li attendeva, prima di domani, prima che gli avventori arrivassero al mercato, alcuni già campeggiavano fuori dalle porte, l'unico paese nel raggio di un centinaio di chilometri in cui era concesso avere un mercato era proprio Namys, grazie all'abile amministrazione di Lanya che aveva ottenuto un accordo con il re Onreth per cui aveva concesso la bolla reale per il mercato che si teneva una volta a settimana in cambio i commercianti avrebbero fatto sconti fino al trenta per cento del prezzo sulla loro merce a chi avrebbe portato una lettera firmata dal re in persona, copia della quale Lanya teneva in un luogo segreto per controllare che la lettera fosse vera; i falsari, come chiunque evadesse le leggi, venivano inseguiti dai cacciatori di taglie unici addetti a questa operazione insigniti direttamente dal re, coloro che venivano presi finivano alla forca o nelle prigioni reali. All'esterno di Namys erano adibiti degli spiazzi, campi non più rigogliosi come un tempo, per consentire il campeggio per chi non poteva permettersi la locanda o per l'esercito che insieme ai cacciatori di taglie presidiavano il mercato per evitare furti o controllare che non ci fossero problemi tra tutti coloro che arrivavano in ogni momento per il mercato, silenziosamente come non ci fossero, come fossero inesistenti, come dei fantasmi anonimi e muti che osservano e non disturbano.
Toran continuò a camminare sulla larga strada di terra battuta, qualche ciottolo ogni tanto gli batteva sugli stivali impolverati, osservava distratto l'afflusso continuo che giungeva dai paesi limitrofi di persone e mercanti che andavano verso Namys per poter vendere e comprare nuova merce, per poi tornare nelle loro regioni e poterli rivendere di nuovo; i mercanti avevano dei permessi speciali per potersi spostare più agilmente e scorrevolmente attraverso il territorio non solo di Morix, ma di tutti i regni e i comuni del mondo, per un accordo tra i vari regni, ogni mercante poteva viaggiare con una lettera di carico che gli permetteva di vendere anche oltre i confini del suo regno, comprare e ripartire con lo stesso peso con cui era arrivato, ciò che era in più veniva requisito ai confini dalle guardie e ciò che era in meno poteva essere caricato sulla lettera di carico successiva a discrezione del mercante; per evitare il contrabbando ogni mercante doveva essere registrato in un apposito registro reale ed ogni regno doveva inviare l'elenco aggiornato alle guardie di frontiera, nessuno poteva commerciare se non ne aveva il permesso.
Il passo del nano fu distratto da una voce accanto a lui, si voltò verso quella voce che sembrava molto giovane, ma vide solo un povero vecchio che elemosinava, sdentato con le rughe sulle labbra e vicino agli occhi che nonostante i suoi cenci e la sua età sorridevano ancora.
- Non ho soldi da darvi- scocciato alzò la mano come per scacciare una mosca, arricciò il naso e fece per riprendere la via, ma un'altra voce lo bloccò.
- Fermo! dagli 20 monete - la pietra parlò per la prima volta da quando erano partiti, Toran non sapeva se a sentirla fosse solo lui, quindi non parlò con la pietra ma si fermò di nuovo come indeciso se proseguire o meno.
- Vi prego, non mi abbandonate, vi regalerò ciò che voi vorrete se mi darete qualche moneta - la voce tremante e biascicante per la mancanza di denti del vecchio che tese la mano verso di lui, tremante, solo ora Toran si accorse che il vecchio non aveva una gamba.
- E che avete mai da potermi regalare? non possedete nulla se non voi stesso - la voce dura, lo osservò cercando di capire ciò che potrebbe offrirgli il vecchio.
- Ho questo - alzò la mano mostrandogli un braccialetto di corda colorata.
- Prendilo e sii prodigo con lui - la pietra parlò di nuovo, ma il tono non era impositivo più dichiarativo come se sapesse un qualcosa che Toran non sapeva.
Titubante il nano aprì il sacchetto delle monete, ne prese venti come gli disse la pietra e le lasciò nella mano del vecchio con l'altra prese il bracciale che gli porgeva; il vecchio lasciò cadere le monete e prese di scatto il polso di Toran, lo osservò dritto negli occhi per poi dire:
- Che la dea vi protegga e vi aiuti e che ogni male che vi affliggerà sia bandito dalle vostre carni ora e finché porterete questo bracciale.- lo lasciò per poi riprendere le monete a terra una per una, le contò tranquillamente come se non avesse detto nulla, le mise in un sacchettino che ripose all'interno della sua tunica molto velocemente, poi come se nulla fosse riprese la sua litania di richiesta di denaro. Toran si sollevò ancora un po' basito, poi si allontanò lievemente dal vecchio non capendo bene il suo comportamento, allacciò il bracciale sul polso destro; si voltò di nuovo verso il vecchio come per cercare una spiegazione, vide un uomo buttare al vecchio una moneta senza fermarsi ed il vecchio lanciargli una maledizione, forse ciò che gli aveva dato era troppo poco, non capì esattamente e non volle indagare ulteriormente, tanto gli bastava e riprese a camminare, il passo duro e pesante del nano risuonava sulla strada sterrata, la confusione lentamente cominciò a scemare e riprese il silenzio dei campi ed il canto delle cicale, i contadini lavoravano in silenzio nei campi, la schiena curva sotto al sole estivo che ormai cominciava ad esser caldo.
Il nano alzò lo sguardo verso il cielo, come a saggiarne la continuità, non vi erano nubi di nessun tipo e l'azzurro del cielo sembrava immergere tutto ciò che aveva intorno, riprese a guardare la strada mentre si chiese come la pietra avesse fatto a sapere che quell'uomo fosse un veggente, si guardò il bracciale di nuovo come se potesse vedere la profezia con i suoi stessi occhi, non disse però nulla, continuò per la sua strada controllando il punto in cui si trovava, voleva evitare la foresta di nebbia, sapeva che non ne sarebbe più uscito da lì, chi entrava si perdeva facilmente ed era condannato a vagarci in eterno, se non moriva a causa delle gioxie.
Toran vide in lontananza la quercia millenaria, sul lato sinistro della strada, che indicava la fine dei campi e l'inizio di una pianura melmosa dopo qualche chilometro cominciava la foresta di nebbia, stortò la bocca in un mezzo sorriso "ho fatto in tempo, non l'ho ancora superata" mormorò, si spostò sul lato destro della strada, arrivato all'altezza della quercia svoltò in un viottolo che portava in un campo.
- Fermo! - la pietra parlò di nuovo - non prendere questa strada, ci sono pericoli più avanti per la strada.
- Non mi importa dei pericoli, piuttosto che finire nella foresta di nebbia, rischio - disse con tono risoluto e deciso mentre ricominciava a camminare.
- Nemmeno se potresti perdere la vita ti interessa? potrei guidarti io nella foresta e ne usciresti indenne, se tu vuoi.
- No, preferisco passare di qua, qualunque sia il pericolo sono sicuro che sarà sempre meglio che perdersi là dentro.
- Come preferisci, non ti obbligo di certo a fare ciò che voglio io, sei tu a scegliere - il tono fu sincero e chiaro, Margynza si zittì di nuovo.
- Ecco brava! - il tono del nano era scocciato come se gli desse fastidio che gli desse aiuto, con il suo solito passo pesante continuò a camminare, osservando il canaletto d'irrigazione di fianco al viottolo che cominciava ad essere scostante e non battuto, alcuni sassi incastrati nel terreno rendevano discontinuo il cammino, non vi erano più i contadini nei campi, ormai il sole batteva forte anche se lui non sentiva il caldo ormai abituato alle alte temperature dei forni in cui lavorava. Camminò ancora per qualche chilometro poi la stanchezza cominciò a farsi sentire, si sedette sotto ad un albero che costeggiava il canaletto buttando a terra lo zaino, tirò fuori del cibo e cominciò a mangiare silenziosamente con il canto delle cicale e lo scroscio dell'acqua accanto a lui, alcuni uccelli scesero per banchettare con le briciole cadute dalla sua bocca.
Finito il pranzo si alzò lentamente, si stirò i muscoli della schiena, poi si voltò guardandosi in giro lasciando scorrere lo sguardo fino all'orizzonte calmo e tranquillo, vide in lontananza una piccola macchia chiara che si confondeva con il cielo azzurro, era la foresta di nebbia, mise le mani sulla vita come era sua abitudine da sempre, sovrappensiero e sospirando si lisciò la barba, un moscerino lo riportò con la mente alla realtà, con una mano lo scostò dalla faccia, per poi spostarsi e riprendere lo zaino in spalla puntandolo sulle anche in modo che non pesasse solo sulle spalle, riprese il cammino sulla strada dritta.
I pensieri si affollarono nella mente di Toran, corrucciò la fronte mentre camminava come se qualcosa non gli permettesse di essere tranquillo ed un nodo allo stomaco gli si presentò come a chiedere un conto troppo salato; respirò profondamente mentre continuava a camminare, una poiana strillò prima di buttarsi in picchiata.
- Attento! - margynza gridò, il suono della sua voce un po' offuscato dal sacchetto in cui si trovava, ma ferma e sicura.
Toran alzò lo sguardo attonito e si vide piombare addosso la poiana, alzò un braccio a protezione degli occhi, la poiana deviò all'ultimo istante sfiorandogli il braccio con il becco, lacerandogli la manica della camicia e graffiandogli la dura pelle; il nano scostò il braccio quasi ringhiandole contro mentre diede una rapida occhiata al graffio per poi ripuntare di nuovo gli occhi sulla poiana che nel frattempo si era di nuovo alzata in volo, e di nuovo rimase in circolo sopra di lui come aspettasse il momento buono per ritornare in picchiata per prendere la sua preda.
Toran si chiese come mai quella poiana lo puntasse, non era di certo un topo o una lucertola, socchiuse gli occhi per tentare di osservarla meglio , portò una mano sulle sopraccigli per riparare gli occhi dal sole, ma non riuscì a vedere nulla, portò lo sguardo in orizzontale cercando di capire se ci fosse qualcuno che la comandasse, ma non riuscì a vedere nessuno nei dintorni.
"Che diamine succede?" pensò il nano, riportò lo sguardo in alto ma la poiana era scomparsa, non sentì il suo inconfondibile verso che preannunciava la cattura vittoriosa della preda, fu come scomparsa nel nulla assoluto, come se il cielo l'avesse inghiottita.
Toran non comprese ciò che accadeva, alzò le spalle e si riprese il cammino, poggiò la mano sul sacchetto alla sua cintola controllando che la sua pietra ci fosse ancora, riportò lo sguardo sulla via, la strada era ora più stretta e con buchi molto evidenti creati forse dalla pioggia, portò le mani a prendere le cinghie dello zaino ed osservò il cielo, stortò la bocca ma proseguì tranquillo insieme al suono gorgogliante del canaletto di fianco al sentiero.
La camminata solitaria di Toran non lo impensierì minimamente, era sempre stato abituato alla solitudine sin da quando arrivò nel mondo degli umani, quel loro modo di essere così lascivo lo incupiva, non gli piacevano lo aveva sempre ammesso con chiunque, non avvicinava nemmeno quei pochi della sua stessa razza che non vivevano più nei monti, come se ognuno di loro potesse ricordargli che in fondo anche lui era andato via dal suo paese di origine quindi non era meglio degli altri.
Per un attimo ricordò i suoi monti ai quali stava ritornando, il sapore della gioventù, della famiglia, delle risate con gli amici, respirò profondamente chiudendo gli occhi ed immergendosi completamente in quella che erano i ricordi, un sorriso tranquillo e felice gli coprì il volto mentre continuava tranquillamente a camminare, in silenzio con la mente persa, nulla sentiva oltre a se stesso e a quel senso di rammarico, fino a che non ricordò quel giorno, il giorno in cui andò via, la litigata furiosa con sua madre: una sciocchezza per quanto ricordava ora, a distanza di anni.
Un cavallo distrasse Toran dai suoi pensieri, sbuffava e recalcitrava con gli zoccoli a terra come se stesse uccidendo un animale, riportò lo sguardo di fronte a lui, non si preoccupò del cavallo e continuò per il sentiero, si accorse che il paesaggio era mutato e che al posto dei campi ora vi erano due sottobosco, il sentiero saliva e non era più piano, ma la strada sembrava più battuta senza intralci, il rigoglio del canaletto non vi era più al suo posto vi era solo un fossato asciutto ricoperto di erba e di salici bianchi, ci impiegò un po' prima di riconoscere il luogo, si stava addentrando nel bosco di Aref a 40 km. dalla regione di Vizer, osservò il cielo, il sole stava raggiungendo l'orizzonte.
- Fra due ore la luce calerà, devo accamparmi, ma è meglio trovare rifugio appena all'imbocco del bosco di Aref, sarò più riparato e potrò controllare meglio il sentiero. - la voce bassa ma udibile, Toran stortò la bocca per poi dirigersi verso destra.
Egli scese nel canaletto, si arrampicò per la piccola salita aggrappandosi ad un edera che era lì, avvinghiata ad un faggio ormai morente e agonizzante dalla presenza della pianta parassita; raggiunse l'imboccatura del sottobosco dove gli alberi non erano fitti, ma lasciavano piccoli spiazzi per potersi accampare, scelse un riparo a ridosso di due alberi, coperti dai cespugli, poggiò vicino al cespuglio due sassi di medie dimensioni, li lasciò a terra posizionati l'uno di fronte all'altro in modo da poter riconescere il luogo, si mosse poi in cerca di legna.
Ogni tanto nei dintorni sentiva qualche animale che incuriosito dalla nuova presenza si avvicinava per spiarlo da dietro i cespugli, raccoglieva i rami secchi già a terra, uno per uno, lentamente come se volesse controllare che oltre ai cervi ed agli scoiattoli non ci fosse nessun altro dietro quei cespugli, legò la fascina raccolta con una striscia di cuoio che poi legò al suo zaino e che posizionò sopra la chiusura, proprio dietro la sua testa; ricominciò a raccogliere legna e nello stesso tempo a riavvicinarsi dal luogo dove aveva deciso di accamparsi.
Toran depositò le fascine sul terreno vicino alle pietre, per poi slacciare lo zaino e lasciarlo cadere a terra, raccolse qualche sasso nei dintorni alcuni dissotterrandoli leggermente, per poi costruire un cerchio non grosso lontano dalle piante e dai cespugli per evitare che il fuoco fuoriuscisse e bruciasse anche altra erba per poi arrivare alle piante,prese alcuni rami e li posizionò a piramide sul terreno all'interno del cerchio fatto con i sassi, prese l'acciarino dallo zaino e l'azionò in modo che la pietra focaia al suo interno producesse abbastanza scintille per poter far prendere fuoco ai legnetti secchi, dopo qualche attimo uno dei piccoli legni si incendiò e lasciò che da lui anche gli altri si accendessero con la calma e la tranquillità della sera che avanzava, mano a mano che la legna crollava sul terreno Toran metteva altra legna, altri rami; appena il fuoco fu abbastanza stabile egli prese alcuni legni che aveva tenuto da parte e delle corde che aveva nello zaino, costruì così una trappola di piccole dimensioni ma che poteva contenere benissimo un coniglio, prima di alzarsi per andare a posizionarla mise altra legna sul fuoco.
Toran dopo aver posizionato la trappola su un prato di trifogli vicino al suo accampamento tornò vicino al fuoco ed allo zaino, tirò fuori dei pezzi di carne secca e del pane, poi prese la pentolina della gavetta ci versò dentro un po' di acqua e mise la carne a bagno nell'acqua lasciando il pane a coprire la gavetta. Il nano prese la sua spada e la pietra affilatrice che portava sempre con sè, sguainò la spada e lasciando che la luce del tramonto le battesse sulla lama, ne controllò il filo punto a punto da entrambi i lati, cominciò a rifilare la lama, lentamente, accarezzandola come fosse la cosa a cui tenesse di più.
Toran, scrollò il collo un paio di volte poi mise altra legna sul fuoco e avvicinò la gavetta della carne, riprese a rifilare la lama della sua spada, lentamente ed elegantemente, fino a farla risplendere fino in fondo; egli rimise la spada nel fodero, prese la gavetta ancora calda ma non bruciante, prese la carne dal fondo che aveva fatto un gustoso sughetto e la mangiò insieme al pane, poi bevve il brodo che ne era rimasto tanto per risparmiare acqua dalla borraccia, sapeva perfettamente che doveva centellinare la scorta fino a che non trovava un pozzo o una fonte da dove rifornirsi e fortuna che ne aveva portate due.
Il nano lasciò che il fuoco si spegnesse da solo, ormai il buio era giunto e la stanchezza aveva preso il sopravvento, lasciò la spada sguainata, non tirò fuori nemmeno il sacco a pelo che aveva nello zaino, non si fidava di quel posto, non si sentiva sicuro, spense le ultime braci del fuoco sotterrandolo sotto ad un piccolo cumulo di terra, si adagiò a terra su un fianco, piegò un braccio per sostenere la testa mantenendo la spada salda in una mano, così come se stesse aspettando qualcosa o qualcuno, come se quella presa sarebbe stata sempre più salda e forte in qualunque momento della notte, come se il sonno non sarebbe mai stato tale da lasciare che la mano scivolasse arrendevole.
Toran sentì un qualcosa di freddo toccargli la gola, si svegliò e capì di avere la punta di una spada puntata proprio sulla laringe, non si mosse non voleva provocare reazioni improvvise che avrebbero dato sfogo a non si sa bene quali pensieri sulla sua gola, la sua spada era rimasta a terra poco lontano da lui, non vedeva chi era che lo puntava con tanta insistenza, rimase immobile mentre ascoltava altri rumori intorno a lui, altri fruscii, qualcun altro.
- Ho trovato questa, signore - una voce alle sue spalle, dura ed inflessibile, mostrava qualcosa a colui che teneva la spada sulla sua gola, non vedeva cosa era ma poteva immaginare che fosse la trappola, si augurò che non fosse piena.
- Bene, bene...un bracconiere, forza alzati - la voce di fronte a lui mosse leggermente la spada sulla sua gola per poi allontanarla lentamente, ma lasciandola sempre puntata su di lui per evitare scherzi gli prese la spada che era rimasta a terra, Toran si alzò e si spolverò gli abiti facendo finta di nulla controllò la bisaccia alla vita, c'era ancora, nulla era perso.
- Non sono un bracconiere, stavo cercando qualcosa da mangiare, siamo nel bosco di Aref della regione di Carman, no? qui la caccia è libera in questo periodo - alzò le spalle, la voce leggermente scocciata per l'accaduto ma cercò di rimanere calmo per evitare aggressioni, ormai era disarmato e non poteva far nulla contro di loro, meglio cercare una contrattazione, osservò l'uomo che aveva davanti, nella fioca luce dell'alba appena cominciata, era più alto di lui ma non di tanto, i capelli biondi e gli occhi grigi, i vestiti non si vedevano dietro ad un'armatura a scaglie, nessuno stemma di riconoscimento su di lui,fece segno verso lo zaino, prima di prenderlo - posso?
- Prego, tanto dovrete venire con noi. No, non siete nel bosco di Aref della regione di Carman, siete nel bosco di Brumin della regione di Ruwo, qui la caccia è solo dei cacciatori reali che sono gli unici autorizzati a cacciare, gli avventori come voi sono considerati bracconieri e verranno giudicati da un tribunale nella città di Arqan. Il bosco che dite voi è al di là del sentiero da cui presumo siate venuto, signor...? - lasciò la frase in sospeso non sapendo il nome.
Toran rimase zitto, confuso dalla notizia, era qualche tempo che non passava dalla zona, ma non aveva ricevuto notizie di alcun tipo che indicassero un cambio di proprietà del bosco e con conseguente cambio regione, un qualcosa però gli disse di rimanere in silenzio e di aspettare, se quegli uomini dicevano il vero, doveva essere successo qualcosa che nessuno ancora sapeva, se dicevano il falso anche se fosse scappato al di là del sentiero cambiando regione non si sarebbero fatti scrupoli a seguirlo e riprenderlo in poco tempo senza preoccuparsi di essere in un territorio non loro e senza armi sarebbe stato freddato nel giro di poco, non aveva molte opportunità in quel momento, si avvicinò, alla gavetta che aveva lasciato vicino ai resti del fuoco, la chiuse con il coperchio e la inserì nello zaino, lo richiuse e lo mise sulle spalle, puntandolo sulle anche come al solito, si maledisse per non aver portato il pugnale con sè, sarebbe stato solo una piccola possibilità di salvezza, ma almeno avrebbe avuto quella.
L'uomo con cui aveva parlato alzò una mano e fece segno agli altri di seguirlo, uno di loro buttò la trappola vuota sul terreno e si mise subito dietro al suo comandante, il nano fu posizionato nel mezzo, ne aveva tre davanti e tre dietro, gli legarono le mani con una corda e cominciarono a camminare inoltrandosi nel sottobosco, Toran sbirciò indietro dando un'ultima occhiata a ciò che lasciava come se volesse imprimersi un punto di riconoscimento per quel luogo, poi continuò a camminare dietro a quegli uomini, poco tranquillo ma impotente per ciò che poteva fare in quel momento e che avrebbe potuto fare dopo, alzò lo sguardo al cielo, gli alberi si infittirono ed il sole cominciava ad essere nascosto dalle folte chiome degli alberi, nessun luogo gli sembrava meno appropriato di quello ma rammaricato continuò nel suo cammino sperando di liberarsi e trovare presto una via d'uscita, venne tenuto d'occhio a vista per tutto il viaggio, soluzione a quella situazione per lui assurda.